L’uomo era sottoposto a un divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico, che però non si attivò: il pm ha spiegato che era “scarico”
È stato condannato all’ergastolo Abdelkader Ben Alaya, l’uomo di 48 anni che il 23 settembre del 2024 uccise a coltellate davanti ai figli la moglie Roua Nabi in un appartamento di Torino. La Corte di Assise inoltre, così come chiesto dal pm Cesare Parodi, ha anche disposto quattro mesi di isolamento diurno. Dall’agosto precedente l’uomo era sottoposto a un divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico, che però non si attivò. Il pm ha spiegato che era “scarico”.
La condanna e le sue implicazioni
Il pubblico ministero, Cesare Parodi, ha richiesto la pena di ergastolo per Ben Alaya, evidenziando la gravità del reato e l’impatto devastante che ha avuto sulla famiglia e sulla società. A questa condanna si aggiunge una misura di isolamento diurno per quattro mesi, un chiaro segnale da parte della corte dell’intolleranza verso atti così efferati.
Le misure di protezione inadeguate
Ben Alaya era soggetto a un divieto di avvicinamento, imposto a causa delle denunce di violenza domestica presentate dalla moglie. Per garantire la sua lontananza, gli era stato fornito un braccialetto elettronico antistalking. Tuttavia, durante l’udienza è emerso un dettaglio inquietante: il dispositivo non si attivò nel momento cruciale dell’omicidio perché era «scarico». Questa rivelazione ha sollevato interrogativi sulla gestione e sull’efficacia delle misure di sicurezza destinate a proteggere le vittime di violenza domestica.
Il pubblico ministero Parodi ha evidenziato che, sebbene il braccialetto non fosse effettivamente guasto, la responsabilità di mantenere il dispositivo carico ricadeva anche su Roua, che avrebbe potuto contribuire alla sua operatività. Questo aspetto ha messo in luce la complessità della dinamica relazionale tra i coniugi, caratterizzata da un profondo malessere. Nonostante il divieto, Roua ha continuato a permettere al marito di vederla e di frequentare l’appartamento per stare con i figli, un comportamento che, secondo il pm, ha reso difficile prevenire la tragedia.
La condanna e le sue implicazioni
Durante il processo, Ben Alaya ha rilasciato dichiarazioni spontanee, ma le sue parole non sono riuscite a giustificare un gesto definito dal pm come «assurdo e spropositato». La condanna all’ergastolo riflette non solo la brutalità del crimine, ma anche la drammatica realtà del femminicidio in Italia, un fenomeno che continua a destare preoccupazione e richiede un intervento più deciso da parte delle istituzioni.
La sentenza rappresenta un passo importante nella lotta contro la violenza di genere, ma pone anche interrogativi su come migliorare le misure di protezione per le vittime, affinché tragedie simili non si ripetano in futuro. La necessità di un intervento sistemico è più che mai urgente, per garantire che ogni donna possa vivere senza paura e in sicurezza.






