Ancona, 5 dicembre 2025 – La tragica vicenda del femminicidio di Sadjide “Sagi” Muslija, 49enne di origini macedoni uccisa dal marito Nazif Muslija nella loro abitazione di Pianello Vallesina, frazione di Monte Roberto (Ancona), continua a scuotere la comunità locale. Emergono nuovi dettagli sul rapporto tormentato e violento che la donna aveva con il marito, già condannato per maltrattamenti.
Il clima di paura e le violenze subite da Sagi
Secondo il racconto di Antonella Giampieri, titolare del laboratorio di confezioni in cui Sagi lavorava da 18 anni, la donna viveva da tempo in uno stato di paura costante nei confronti del marito. “Da due anni Sagi aveva paura di lui, vivevano da separati in casa, lei al piano superiore e lui in taverna“, spiega Giampieri. La donna desiderava il divorzio e di notte si chiudeva a chiave nella sua camera, assumendo tranquillanti per riuscire a dormire.
Il marito, che aveva un passato di violenze, era tornato a casa dopo essere uscito dal carcere a luglio, dove aveva scontato una pena per maltrattamenti e violenze nei confronti della moglie. Nel mese di aprile, in un episodio particolarmente drammatico, l’uomo aveva sfondato con un’ascia la porta della camera da letto di Sagi, minacciandola di morte e distruggendole il cellulare per impedirle di chiedere aiuto. La donna era riuscita a rifugiarsi a casa di una vicina.
“Non è vero che lei lo avesse ripreso in casa volontariamente“, precisa ancora Giampieri. Sagi aveva anche tentato di entrare in una casa di accoglienza per donne maltrattate, ma non era riuscita a trovare supporto a causa di vincoli economici e familiari. La donna pagava il mutuo della casa e non poteva permettersi di perdere il lavoro né rinunciare ai sacrifici fatti in Svizzera, dove viveva il figlio.
Le criticità emerse nel sistema di tutela e recupero
Dalle indagini emerge una forte criticità nel sistema di tutela delle vittime di violenza domestica e nel percorso obbligatorio di recupero per i maltrattanti. Nazif Muslija, infatti, era stato condannato a un anno e dieci mesi di carcere, con la condizionale subordinata al completamento di un percorso di cura per uomini maltrattanti. Tuttavia, come evidenziato dall’avvocato difensore Antonio Gagliardi, il percorso non è mai iniziato per mancanza di posti nelle strutture dedicate: “L’Ufficio esecuzione penale esterna di Ancona aveva programmato il percorso per la prossima primavera, troppo tardi“.
La procuratrice di Ancona Monica Garulli conferma questa falla: “Il problema è che il percorso non è iniziato perché la struttura individuata non aveva disponibilità. Se il soggetto fosse stato preso in carico forse qualcosa sarebbe cambiato“. Il mancato avvio del trattamento obbligatorio previsto dall’articolo 165, comma 5 del codice penale, che impone la partecipazione a un percorso di recupero come condizione per la sospensione condizionale della pena, rappresenta una lacuna significativa.
L’uomo risultava irreperibile dopo il femminicidio e non si era presentato al lavoro, alimentando i sospetti degli inquirenti che lo indicano come il principale responsabile dell’omicidio. Sul corpo di Sagi sono stati trovati evidenti segni di un pesante pestaggio.
La testimonianza di chi conosceva Sagi, come la sua datrice di lavoro, racconta una donna prima solare e sorridente, poi sempre più chiusa e spaventata, che confidava alle colleghe la sua situazione e il desiderio di separarsi. “Ogni tanto la sentivamo piangere in bagno, e scattava quando una di noi le appoggiava una mano sulla spalla“, ricorda Giampieri, che ha dato l’allarme non vedendo arrivare la donna al lavoro mercoledì mattina.






