Milano, 17 novembre 2025 – Federica Angeli, nota giornalista di cronaca nera, si è distinta per il suo impegno intransigente contro la criminalità organizzata, un percorso che l’ha portata a vivere sotto scorta dal 2013. Al podcast Supernova di Alessandro Cattelan, Federica Angeli ha raccontato la sua indagine sul tragico omicidio di Willy Monteiro Duarte, al centro del suo libro e dell’omonimo film 40 Secondi, opere che, a suo dire, sono “pari” in bellezza e fedeltà. La storia di Willy e la battaglia personale di Federica Angeli contro i clan di Ostia condividono un filo conduttore: la scelta di non voltarsi dall’altra parte. La giornalista definisce la vita sotto scorta non un privilegio, ma una realtà complessa, dove anche le semplici azioni quotidiane, come una telefonata o una litigata, sono condivise con gli agenti.

L’eroismo in 40 secondi: la storia di Willy
L’omicidio di Willy Monteiro Duarte, come ricostruito da Federica Angeli, non è il risultato di un piano, ma di una “serie di sfortunati eventi” iniziati dalla normalità. La storia prende una piega drammatica a partire da un complimento – “bella” – rivolto a una ragazza, che innesca una catena “inarrestabile” di negatività, rabbia e stupidità. L’arrivo dei fratelli Bianchi sul luogo della rissa, a Colleferro, porta al massacro di Willy in soli 40 secondi, semplicemente perché il ragazzo si trovava vicino a uno degli amici che credevano fosse aggredito.
Federica Angeli sottolinea come l’evento sia stato in gran parte casuale, escludendo l’aggravante razziale, poiché i Bianchi avevano già dato prova di apertura adottando un bambino di colore. La vera tragedia risiede nell’assenza di movente che a volte, paradossalmente, “rassicura” in altri omicidi. La purezza del gesto di Willy, educato a non voltare le spalle di fronte alla difficoltà, fa riflettere la giornalista come madre. Nonostante la sua morte, per Angeli, Willy ha vinto: “secondo me morire coi propri ideali vuol dire che quantomeno tu non hai cambiato il mondo ma neanche il mondo ha cambiato te“. La scrittrice spera che il film renda la sua storia immortale, amplificando il messaggio.
Federica Angeli contro la mafia di Ostia
Il percorso di Federica Angeli a Ostia, un quartiere di Roma a soli 20 km dal Colosseo, è segnato dalla sua indagine sotto copertura contro le famiglie malavitose Spada e Fasciani. Dopo aver denunciato l’omertà e i collegamenti tra mafia, pubblica amministrazione e politica, la sua vita è cambiata.
Un momento cruciale fu la notte del duplice tentato omicidio, il 17 luglio 2013, quando udì gli spari e vide i boss fuggire. Affacciata al balcone, udì il boss urlare alla via: “Forza tutti dentro lo spettacolo è finito non c’è niente da guardare“. Il rumore delle tapparelle che si abbassavano fu per lei “gesso sulla lavagna”. Nonostante le minacce dirette ai suoi tre figli – all’epoca di 8, 6 e 4 anni – che spinsero il marito a chiederle di rientrare e lasciar perdere, Federica Angeli scelse di resistere. La sua permanenza era un atto educativo: “non andare a denunciare equivaleva a dire ai miei figli bassate la testa perché vincono loro”.
Dopo cinque anni difficili e sotto scorta, segnati da episodi come la benzina sotto la porta di casa, gli Spada sono stati arrestati e condannati all’ergastolo. Questo “lieto fine” giudiziario ha risvegliato la cittadinanza di Ostia, che ha iniziato a denunciare. Sebbene i clan da lei denunciati siano ora “al tappeto,” Ostia attrae nuove organizzazioni, come la ‘ndrangheta, che operano in modo meno gangsteristico e più “imprenditoriale” e “invisibile”. Per contrastare questa nuova mafia, Federica Angeli auspica che lo Stato giochi in attacco, aumentando i controlli per intercettare i flussi finanziari.






