Milano, 29 ottobre 2025 – Nuovi sviluppi emergono nel caso di Soufiane Ech Chafiy, il giovane di 20 anni ucciso nel marzo 2016 da un colpo di pistola sparato da un agente di polizia al termine di un inseguimento ad Abbiategrasso, nel Milanese. La famiglia della vittima ha ufficialmente richiesto la riapertura dell’inchiesta, dopo che l’indagine originaria era stata archiviata nel 2016 dalla Procura di Pavia.
I motivi della richiesta di riapertura della famiglia di Soufiane
Nella richiesta presentata dai legali della famiglia, gli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli, si evidenziano diverse incongruenze emerse nel corso delle indagini originarie. In particolare, si sottolinea come il giudice per le indagini preliminari, nel dicembre 2016, avesse già indicato alcuni elementi rilevanti, come l’assenza di prove che il giovane impugnasse un’arma quella notte. Nonostante ciò, l’archiviazione fu disposta con la motivazione che non vi fossero gli elementi per ipotizzare una condanna per eccesso colposo.
“Non si poteva escludere che Soufiane fosse disarmato e che fosse stato colpito alle spalle”, si legge nel documento presentato dai legali. Essi denunciano inoltre che nelle relazioni degli agenti coinvolti si parlava falsamente di un’arma impugnata dal giovane, circostanza mai confermata da una perizia balistica, che non venne mai effettuata. Inoltre, gli altri due giovani presenti nell’auto furono assolti nel processo per resistenza, mentre l’omicidio rimase senza un responsabile.
Il contesto giudiziario e il “sistema Pavia”
L’indagine originaria, coordinata dal pm Roberto Valli, fu aperta inizialmente per eccesso colposo in legittima difesa. Nel 2016 il pm chiese l’archiviazione, accolta dal gip Fabio Lambertucci. Quest’ultimo giudice, non indagato, aveva precedentemente archiviato anche un’altra indagine controversa riguardante il caso Garlasco, che ora coinvolge il procuratore facente funzione all’epoca dei fatti, Mario Venditti, attualmente indagato a Brescia per corruzione in atti giudiziari legata al cosiddetto “sistema Pavia”.
Il caso di Soufiane si inserisce in un quadro più ampio di presunte anomalie investigative e gestionali nella Procura di Pavia, che da anni è sotto la lente delle autorità giudiziarie di Brescia. Parallelamente, un altro caso simile è quello di Massimo Adriatici, ex assessore leghista alla sicurezza di Voghera, che sparò a Younes El Boussettaoui e che è attualmente sotto processo per omicidio volontario, dopo che la sua imputazione per eccesso colposo in legittima difesa era stata sconfessata.
La Procura di Brescia, in stretto contatto con quella pavese, sta rivedendo le indagini svolte dal 2014 in poi sotto la direzione di Venditti, alla ricerca di eventuali irregolarità che possano aver compromesso la giustizia in questi casi.

Il drammatico episodio e le sue conseguenze
La notte del 24 marzo 2016, Soufiane Ech Chafiy era a bordo di un’auto con due amici quando la vettura non si fermò all’alt imposto dalla polizia. Ne seguì un inseguimento, al termine del quale un agente sparò un colpo che raggiunse il giovane alla spalla, causandone la morte in ospedale. La vittima rimase agonizzante sull’asfalto per circa 23 minuti senza che gli agenti intervenissero per soccorrerlo.
L’episodio ha scosso la città di Pavia e l’intero territorio lombardo, alimentando un dibattito acceso sulle responsabilità delle forze dell’ordine e sul funzionamento della giustizia locale.






