Il guanto destro in pelle, fotografato e descritto dalla Scientifica nell’immediatezza del ritrovamento dell’auto, secondo la prassi andava repertato e sottoposto ad accertamenti. Per la Procura ciò non avvenne: il 7 gennaio 1980, Piritore, già in possesso degli oggetti rinvenuti sulla vettura, avrebbe attribuito al guanto una “destinazione diversa” rispetto al resto del materiale, poi restituito al proprietario dell’auto.
In documentazione a sua firma, Piritore riferisce che il reperto fu recapitato al sostituto procuratore titolare, Piero (Pietro) Grasso, tramite un agente della Scientifica, tale Di Natale. L’ipotesi difensiva, secondo cui il pm avrebbe poi disposto la restituzione del reperto al Gabinetto regionale di Polizia scientifica e Piritore lo avrebbe consegnato a un ulteriore operatore (“Lauricella”) per gli accertamenti tecnici, è giudicata dall’accusa “inverosimile e illogica”: manca ogni riscontro documentale (verbali di consegna, atti di sequestro), l’iter contrasta con le prassi e, all’epoca, alla Scientifica di Palermo non risulta alcun “Lauricella” in servizio.
Piersanti Mattarella, i riscontri d’indagine: smentite e intercettazioni
I magistrati hanno ascoltato Piero Grasso il 25 giugno 2024: l’allora sostituto procuratore ha negato di aver mai chiesto o ricevuto il guanto o notizie sul punto dalla polizia giudiziaria. Anche l’agente della Scientifica Di Natale ha smentito di aver avuto in consegna il reperto, definendo “anomala” una sua ipotetica consegna diretta al pm, non rientrando tra le sue funzioni (dattiloscopista in laboratorio).
Di fronte alle “anomalie del caso”, il 17 settembre 2024 Piritore ha ribadito ai pm di aver dato il guanto a Di Natale e di aver poi riconsegnato il reperto alla Scientifica, senza però fornire riscontri concreti. Nel fascicolo figurano anche intercettazioni ambientali e telefoniche. Il 22 settembre 2024, parlando con la moglie, Piritore manifestava timore per possibili iniziative giudiziarie a suo carico (“Qualche cosa fanno”), lamentando lo “stress” per le indagini sul delitto “dopo quarantacinque anni”.
In un’altra conversazione del 17 settembre, avrebbe attribuito la sparizione dei reperti all’epoca in cui si affermarono le analisi del Dna, ipotizzando che siano stati “occultati negli anni ’90”. Per la Procura, il tenore dei colloqui risulta “incompatibile” con la posizione di un funzionario che abbia “compiuto il proprio dovere”.
Il nome di Bruno Contrada e le relazioni dell’epoca
Nel quadro accusatorio affiora anche il nome di Bruno Contrada, ex numero due del Sisde, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la ricostruzione della Procura, Contrada, all’epoca prima capo della Squadra Mobile e poi della Criminalpol, fu presente sul luogo dell’omicidio e, insieme all’ufficiale dei carabinieri Antonio Subranni e al pm Grasso, assunse informazioni dai familiari di Mattarella.
Piritore ha dichiarato di aver informato “subito” Contrada del rinvenimento del guanto e di aver ricevuto l’indicazione di avvertire il pm e inviare i reperti alla Scientifica. La Procura sottolinea, inoltre, rapporti di frequentazione personale fra Piritore e Contrada. In ogni caso, resta il nodo irrisolto: il guanto, potenziale fonte di impronte o tracce biologiche, è scomparso.
Le valutazioni del gip e la prospettiva del procedimento