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Omicidio Piersanti Mattarella, arrestato l’ex prefetto Piritore: “Fece sparire il guanto dei killer”

Nell’ordinanza si sottolinea la “spregiudicatezza della condotta” e la “pervicacia” con cui l’ex funzionario avrebbe perseguito “nell’attualità” un progetto illecito di sviamento, nonostante la quiescenza

by Marco Viscomi
24 Ottobre 2025
Piersanti Mattarella

Omicidio Mattarella, indagato per depistaggio l'ex prefetto Filippo Piritore | Wikicommons

Palermo, 24 ottobre 2025 – Il gip di Palermo ha disposto gli arresti domiciliari per Filippo Piritore, 75 anni, già funzionario della Squadra Mobile, poi questore in diverse sedi e infine prefetto di Isernia. È indagato per depistaggio nell’inchiesta sul delitto di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana ucciso a Palermo il 6 gennaio 1980. Nell’ordinanza si sottolinea la “spregiudicatezza della condotta” e la “pervicacia” con cui l’ex funzionario avrebbe perseguito “nell’attualità” un progetto illecito di sviamento, nonostante la quiescenza. Per il giudice, Piritore mantiene relazioni utili ad “acquisire illecitamente informazioni riservate” e sussiste il concreto rischio di reiterazione e inquinamento probatorio.

Le accuse nel caso dell’omicidio di Piersanti Mattarella

Il fascicolo della Dda palermitana ricostruisce il ruolo di Piritore nella gestione di un reperto chiave: un guanto destro in pelle scura, rinvenuto a bordo della Fiat 127 usata dai killer per assassinare Piersanti Mattarella. Secondo l’accusa, il reperto non fu repertato secondo prassi e, attraverso una catena di consegne mai formalizzate, se ne persero definitivamente le tracce.
La Procura contesta a Piritore non solo la sottrazione al regolare repertamento, ma anche dichiarazioni successivamente ritenute prive di riscontro, con l’effetto di “sviare le indagini funzionali (anche) al rinvenimento del guanto”. Per i magistrati, le investigazioni sull’omicidio furono “gravemente inquinate e compromesse” da “appartenenti alle istituzioni” che sottrassero un elemento probatorio di “importanza primaria”.

Il contesto giudiziario del delitto Piersanti Mattarella

Per l’omicidio di Piersanti Mattarella la giustizia ha accertato con sentenza definitiva la responsabilità della Commissione provinciale di Cosa nostra dell’epoca (fra gli altri, Salvatore ‘Totò’ Riina, Michele Greco, Francesco Madonia), mentre furono assolti gli ex Nar Giuseppe Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, accusati di essere esecutori materiali.
Il movente individuato dalle sentenze riguarda la linea di rinnovamento e controllo sugli appalti perseguita da Mattarella, in contrapposizione ai circuiti politico-mafiosi cittadini. L’inchiesta è stata riaperta nel 2017 per esplorare eventuali intersezioni con l’eversione nera; più di recente sono stati iscritti come possibili esecutori i boss Nino Madonia e Giuseppe Lucchese. È in corso un incidente probatorio sulle impronte rilevate sulla 127 dell’agguato.

La carriera di Piritore

Entrato nell’Amministrazione dell’Interno alla fine degli anni Settanta, Piritore ha prestato servizio alle questure di Palermo e Ragusa, quindi a Roma (1985–2000) alla guida di diversi commissariati. Nominato dirigente superiore nel 2001, fu questore a Macerata, Caltanissetta, L’Aquila (anche nel 2009, anno del sisma) e Genova. Lasciata la questura ligure nel 2011, divenne dirigente generale di pubblica sicurezza e, a dicembre dello stesso anno, prefetto di Isernia.

Il guanto, definito dal ministro dell’Interno dell’epoca Virginio Rognoni come “l’unico oggetto che potrebbe appartenere ai criminali”, sarebbe dovuto essere una prova chiave per l’identificazione degli autori dell’omicidio. Tuttavia, la sua sparizione ha di fatto compromesso le indagini. .

Le intercettazioni audio raccolte durante le indagini rivelano lo stato d’animo di Piritore nei giorni successivi all’interrogatorio del 17 settembre 2024. In conversazioni con la moglie, l’ex poliziotto esprime timori sui possibili sviluppi: “Qualche cosa fanno… tutto quello che mangio mi fa acidità… è lo stress… rompere i co… dopo quarantacinque anni”. Le conversazioni denunciano il tentativo di minimizzare e procrastinare il riconoscimento della sparizione del guanto, attribuendola a un periodo successivo rispetto a quando Piritore stesso era coinvolto nelle indagini.

Il “giallo” del guanto e le anomalie procedurali

Il guanto destro in pelle, fotografato e descritto dalla Scientifica nell’immediatezza del ritrovamento dell’auto, secondo la prassi andava repertato e sottoposto ad accertamenti. Per la Procura ciò non avvenne: il 7 gennaio 1980, Piritore, già in possesso degli oggetti rinvenuti sulla vettura, avrebbe attribuito al guanto una “destinazione diversa” rispetto al resto del materiale, poi restituito al proprietario dell’auto.
In documentazione a sua firma, Piritore riferisce che il reperto fu recapitato al sostituto procuratore titolare, Piero (Pietro) Grasso, tramite un agente della Scientifica, tale Di Natale. L’ipotesi difensiva, secondo cui il pm avrebbe poi disposto la restituzione del reperto al Gabinetto regionale di Polizia scientifica e Piritore lo avrebbe consegnato a un ulteriore operatore (“Lauricella”) per gli accertamenti tecnici, è giudicata dall’accusa “inverosimile e illogica”: manca ogni riscontro documentale (verbali di consegna, atti di sequestro), l’iter contrasta con le prassi e, all’epoca, alla Scientifica di Palermo non risulta alcun “Lauricella” in servizio.

Piersanti Mattarella, i riscontri d’indagine: smentite e intercettazioni

I magistrati hanno ascoltato Piero Grasso il 25 giugno 2024: l’allora sostituto procuratore ha negato di aver mai chiesto o ricevuto il guanto o notizie sul punto dalla polizia giudiziaria. Anche l’agente della Scientifica Di Natale ha smentito di aver avuto in consegna il reperto, definendo “anomala” una sua ipotetica consegna diretta al pm, non rientrando tra le sue funzioni (dattiloscopista in laboratorio).
Di fronte alle “anomalie del caso”, il 17 settembre 2024 Piritore ha ribadito ai pm di aver dato il guanto a Di Natale e di aver poi riconsegnato il reperto alla Scientifica, senza però fornire riscontri concreti. Nel fascicolo figurano anche intercettazioni ambientali e telefoniche. Il 22 settembre 2024, parlando con la moglie, Piritore manifestava timore per possibili iniziative giudiziarie a suo carico (“Qualche cosa fanno”), lamentando lo “stress” per le indagini sul delitto “dopo quarantacinque anni”.
In un’altra conversazione del 17 settembre, avrebbe attribuito la sparizione dei reperti all’epoca in cui si affermarono le analisi del Dna, ipotizzando che siano stati “occultati negli anni ’90”. Per la Procura, il tenore dei colloqui risulta “incompatibile” con la posizione di un funzionario che abbia “compiuto il proprio dovere”.

Il nome di Bruno Contrada e le relazioni dell’epoca

Nel quadro accusatorio affiora anche il nome di Bruno Contrada, ex numero due del Sisde, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la ricostruzione della Procura, Contrada, all’epoca prima capo della Squadra Mobile e poi della Criminalpol, fu presente sul luogo dell’omicidio e, insieme all’ufficiale dei carabinieri Antonio Subranni e al pm Grasso, assunse informazioni dai familiari di Mattarella.
Piritore ha dichiarato di aver informato “subito” Contrada del rinvenimento del guanto e di aver ricevuto l’indicazione di avvertire il pm e inviare i reperti alla Scientifica. La Procura sottolinea, inoltre, rapporti di frequentazione personale fra Piritore e Contrada. In ogni caso, resta il nodo irrisolto: il guanto, potenziale fonte di impronte o tracce biologiche, è scomparso.

Le valutazioni del gip e la prospettiva del procedimento

Nell’ordinanza cautelare il gip richiama il “giuramento di fedeltà” violato e la “dimostrata capacità relazionale” dell’indagato in ambienti interni alla Questura, ritenendo “con un grado di rassicurante certezza” la possibilità che Piritore “reiteri il reato” e “inquina le prove già assunte o da assumere”, sfruttando relazioni tuttora attive.
L’inchiesta prosegue sul doppio binario: la ricostruzione del circuito di dispersione del reperto e la verifica, tramite incidente probatorio, delle impronte sulla Fiat 127. La riapertura del capitolo “guanto” porta al centro la questione dei depistaggi istituzionali, una ferita storica nella ricerca della verità sull’assassinio di un presidente regionale che, secondo le sentenze definitive, pagò con la vita la sua azione di rottura dei legami fra mafia e politica.
La prossima fase processuale dirà se il “giallo del guanto” sarà solo l’ennesimo capitolo di una storia di omissioni e opacità o, finalmente, la chiave per sciogliere uno dei nodi più controversi dell’inchiesta.
Tags: Filippo PiritorePalermoPiersanti Mattarellaprima paginaUltim'ora

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