Milano, 9 ottobre 2025 – Si è tenuta oggi presso il Tribunale di Milano, situato in via Carlo Freguglia, l’ultima udienza relativa al complesso caso dell’Ex Ilva di Taranto, una vicenda che da anni coinvolge aspetti ambientali, occupazionali e giudiziari di grande rilevanza nazionale. In concomitanza con l’udienza, un presidio è stato organizzato all’esterno dell’edificio giudiziario da parte dell’Associazione Genitori Tarantini insieme al Sindacato Nazionale dei Lavoratori Metalmeccanici. La manifestazione ha avuto come obiettivo quello di chiedere un’immediata interruzione delle attività ritenute “criminali” svolte fino ad oggi dall’acciaieria e di sollecitare la bonifica dei terreni contaminati, oltre alla tutela del futuro di lavoratori e cittadini di Taranto.
Il presidio e le richieste dei manifestanti

Il presidio al Palazzo di Giustizia di Milano, edificio storico in stile Novecento progettato da Marcello Piacentini e Ernesto Rapisardi e sede del Tribunale Ordinario e della Corte d’Appello, ha visto la partecipazione di rappresentanti della società civile e sindacale. I manifestanti hanno ribadito con fermezza la necessità di mettere fine a quella che definiscono “azione criminosa” dell’Ex Ilva, in riferimento agli effetti ambientali e sanitari derivanti dall’attività industriale. Al centro delle richieste vi è la bonifica dei terreni gravemente inquinati, un tema che si intreccia con la tutela della salute pubblica e con le condizioni di lavoro all’interno dello stabilimento.
Parallelamente, si sottolinea l’importanza di garantire un futuro dignitoso e sostenibile non solo per i lavoratori dell’acciaieria, ma per l’intera comunità tarantina, che da anni convive con le conseguenze dell’inquinamento industriale e con l’incertezza occupazionale.
Contesto attuale della vertenza Ex Ilva
L’udienza odierna si inserisce in un contesto segnato da una fase cruciale per l’Ex Ilva: la procedura di vendita della società siderurgica, attualmente in amministrazione straordinaria, è al centro di un acceso dibattito. Dopo il ritiro di alcuni importanti operatori del settore, come Baku Steel e forse anche Jindal Steel, restano in lizza principalmente due fondi di investimento statunitensi, Bedrock e Flacks Group. Il nuovo bando, varato dai commissari il 7 agosto 2025, prevede come condizione imprescindibile la decarbonizzazione degli impianti attraverso l’adozione di forni elettrici, un requisito che finora ha inciso sulla partecipazione degli investitori.
Nel frattempo, l’attività produttiva dell’acciaieria è stata pesantemente compromessa dall’incidente verificatosi a maggio sull’Altoforno 1, oggetto di sequestro da parte della Procura, che ne ha bloccato l’utilizzo. La produzione si attesta attualmente su livelli ridotti, con un solo altoforno attivo e prospettive di recupero limitate almeno fino a febbraio 2026.
Le difficoltà operative, unite all’incertezza sul futuro proprietario e sulle condizioni ambientali, alimentano le preoccupazioni di sindacati, lavoratori e cittadini, come evidenziato dal presidio di oggi a Milano. La situazione resta dunque complessa, con l’attesa per gli sviluppi giudiziari e commerciali che si intreccia con le istanze sociali e ambientali sollevate da anni dalla comunità tarantina.





