Milano, 24 novembre 2025 – Ancora una volta si è verificato un grave incidente di sessismo, molestia e violenza verbale nei confronti di una donna: parliamo di un episodio avvenuto durante una partita di calcio giovanile nell’hinterland milanese, per l’esattezza Rosatese-Devils in Under 16.
L’episodio di molestia verbale
Francesca Miceli racconta l’episodio in cui è stata gravemente offesa da un giocatore avversario, il quale ha utilizzato linguaggio offensivo e sessista dopo un’azione di gioco. Nell’intervista si mette in luce la mancanza di supporto e scuse da parte del ragazzo, del suo allenatore e del padre del ragazzo, suggerendo un problema più ampio di maleducazione e menefreghismo all’interno di alcune società sportive. Viene discusso il contesto della violenza e molestia verbale e si propongono soluzioni, come lo svincolo immediato del giocatore o l’implementazione di un percorso riabilitativo, per affrontare questo comportamento. L’episodio ha portato alla sospensione della partita e solleva preoccupazioni sulla degenerazione dello sport giovanile in Italia.

Può raccontarci esattamente cosa è successo in quei minuti?
“Praticamente tutto parte ad inizio secondo tempo: la palla esce dal campo. Alzo la bandierina per segnalare che la palla non fosse più in gioco. Ero lì in quanto dirigente della mia squadra e facevo la guardalinee per aiutare il direttore di gara. Questo ragazzo di 15 anni, ridendo con un altro compagno, mi rivolge delle frasi gravissime: ‘Sì, sì, tanto dopo ti sc…’. Scioccata, mi sono confrontata con il mio mister e ho immediatamente urlato al direttore di sospendere la gara perché appunto avevo subito questa offesa molto grave.
Da qui si è scatenato tutto il casino. Il ragazzo è stato espulso, nonostante continuasse a difendersi dicendo di non aver detto nulla. Dopo ne è nato un parapiglia verbale in cui è stato espulso il nostro mister che era intervenuto in mia difesa. Dopo un breve consulto io ho deciso di abbandonare la partita in caso di continuazione e così tutta la squadra per solidarietà. Abbiamo così comunicato la nostra decisione all’arbitro e ce ne siamo andati“.
Il ragazzo che ha pronunciato l’offesa aveva di fronte non solo una dirigente, ma anche una madre. Come ha vissuto il fatto che suo figlio fosse lì, a pochi metri?
“Molto male, davvero. Sono tuttora imbarazzata e incredula. Per giorni ho fatto fatica a guardare in faccia mio figlio. Per fortuna lui si lascia scivolare addosso le cose, o comunque riesce a tenere nascosto bene il suo malessere, però queste cose fanno male anche a lui… mi sento confusa ancora, perché mi fa perdere la speranza in questa società. Di certo mi sarei aspettata delle scuse da parte del ragazzo, ma queste non sono mai arrivate, come non sono mai arrivate dai suoi compagni e dal loro mister. Ci tengo a dire che la società Rosatese è stata però fin da subito solidale con me. Mi ha fatto male sentire sminuire la gravità dell’episodio da parte del mister avversario che si preoccupava solo del fatto che nella partita successiva sarebbe stato senza il proprio bomber”.
Perché, secondo lei, un ragazzo di 15 anni è arrivato a usare quel tipo di linguaggio?
“Non saprei, ma ti posso dire che tutto parte dalla famiglia. Infatti il padre non si è minimamente scusato con me, anzi, ha dato ragione al figlio… Diciamo che questo ragazzo è stato probabilmente abbandonato a sé stesso, senza controllo o qualcuno che gli spiegasse che bisogna avere rispetto e stare attenti a quanto si dice. Poi da donna sono abituata a vivere in un mondo maschilista, il calcio, poi, esaspera tutto. Anche se questo non è più calcio, assisto ad una deriva incontrastabile negli ultimi anni, ma mai si era giunti a molestie verbali come queste”.
Lei ha parlato di “violenza che va punita”. Qual è per lei la punizione giusta, ma soprattutto quale sarebbe la vera “riparazione”?
“Non lo so, ma sicuramente penso che una soluzione possa essere quella di svincolare il ragazzo in questione, di usare il pugno duro e un po’ di durezza per fargli capire lo sbaglio. Meglio ancora sarebbe affiancargli un professionista che possa aiutarlo nel percorso riabilitativo che sicuramente gli serve. Mi auguro che quanto capitato a me non si verifichi con nessun’altra donna, anche se mi rendo conto che i pregiudizi calcistici, e non solo, verso noi donne siano ancora molto presenti. Ho voluto espormi su questo episodio perché è necessario combatterli con la nostra voce, dobbiamo assolutamente parlarne il più possibile per isolare queste persone“.






