La vicenda di Emanuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana scomparsa misteriosamente 42 anni fa, potrebbe trovare nuovi elementi di chiarimento grazie a due fascicoli ancora da approfondire, di cui uno depositato in un archivio riservato dello Ior, la banca vaticana. A rilanciare l’ipotesi è stato il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi
I due fascicoli chiave: uno allo Ior e uno conosciuto da Benedetto XVI
Durante l’incontro, Pietro Orlandi ha confermato l’esistenza di un fascicolo intitolato proprio “Emanuela Orlandi” che rimarrebbe custodito in un archivio dello Istituto per le Opere di Religione (Ior), accessibile solo a pochi autorizzati. «A confermare la sua esistenza sono stati un prelato e un laico che non si conoscono, dunque la testimonianza è indipendente», ha spiegato Orlandi.
Il secondo fascicolo, più antico ma altrettanto cruciale, era stato invece in mano all’allora Papa Benedetto XVI, all’epoca Joseph Ratzinger, e sulla sua scrivania dal 2013 per un certo periodo. Di questo fascicolo erano a conoscenza anche il comandante della Gendarmeria Vaticana di allora, Domenico Giani, e il promotore di Giustizia Alessandro Diddi. Pietro Orlandi ha riferito che Giani temeva la diffusione di copie di questo documento e non si fidava del maggiordomo Paolo Gabriele, sospettando potesse averne realizzato delle fotocopie.
L’appello di Pietro Orlandi a Papa Leone e il peso del silenzio vaticano
Al termine dell’incontro, Pietro Orlandi ha lanciato un appello diretto a Papa Leone: «Ho più volte richiesto un colloquio con il nuovo Pontefice e spero che Leone XIV mi riceva e mi ascolti, perché un suo intervento potrebbe essere decisivo per arrivare alla verità e per ottenere giustizia». Orlandi ha inoltre espresso il rammarico per il silenzio mantenuto, a suo dire, sia da Papa Francesco che dal suo predecessore Benedetto XVI, che non avrebbero mai voluto affrontare pubblicamente il dramma familiare né contribuire alla risoluzione di questo mistero.
Il fratello di Emanuela ha ribadito la sua convinzione che la ragazza sia stata «usata per ricattare qualcuno molto in alto, probabilmente all’interno del Vaticano». Queste parole si inseriscono nel contesto di una vicenda che, dal 22 giugno 1983, ha attraversato decenni di indagini, depistaggi e teorie, senza che ancora si sia arrivati a una conclusione definitiva.
La sparizione di Emanuela Orlandi, allora quindicenne e figlia di un commesso pontificio, rimane uno dei casi più emblematici e più complessi della storia italiana e vaticana. Nonostante due inchieste giudiziarie (1983-1997 e 2008-2015) e la recente riapertura del caso nel 2023 da parte della Procura di Roma, dei magistrati vaticani e di una Commissione parlamentare bicamerale, il mistero rimane fitto.
Il fascicolo custodito allo Ior, ancora inedito, e l’altro legato a Benedetto XVI rappresentano dunque possibili chiavi di lettura finora inesplorate, sulle quali si concentrano ora nuove speranze di verità da parte della famiglia Orlandi e degli investigatori impegnati nel caso.






