Modena, 6 novembre 2025 – Nuovamente al centro dell’attenzione mediatica, Elia Del Grande, condannato per il triplice omicidio noto come la “strage dei fornai” avvenuta nel 1998 a Cadrezzate (Varese), è fuggito dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia. Il 49enne, ritenuto socialmente pericoloso e sottoposto a una misura di sicurezza, ha inviato una lunga lettera alla redazione di VareseNews spiegando le ragioni della sua fuga, mentre le autorità continuano le ricerche, concentrate in particolare tra Sardegna e Varesotto.
Il passato oscuro di Elia Del Grande
Era il 7 gennaio 1998 quando Elia Del Grande, allora ventiduenne, uccise a colpi di fucile il padre Enea (58 anni), la madre Alida (53) e il fratello Enrico (27). La famiglia gestiva una nota impresa di panificazione a Cadrezzate, piccolo centro nella provincia di Varese. La motivazione dietro il massacro fu un netto rifiuto dei genitori e del fratello riguardo al progetto di matrimonio di Elia con una ragazza dominicana conosciuta durante un periodo trascorso a Santo Domingo, dove la famiglia possedeva diverse proprietà, incluso un night club frequentato dalla clientela italiana.
Prima della strage, Del Grande era noto per una gioventù turbolenta con precedenti gravi, tra cui un’aggressione ai danni di un tassista che aveva perso un occhio. La sua dipendenza da sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, aveva aggravato il suo stato psichico. Dopo il triplice omicidio, tentò di fuggire in Svizzera ma fu arrestato alla frontiera di Ponte Tresa. Condannato in primo grado all’ergastolo, la pena fu poi ridotta a trent’anni in appello grazie al riconoscimento di una semi-infermità mentale.
Dopo aver scontato oltre 25 anni di carcere, Del Grande era stato scarcerato nell’estate 2023, tornando in Lombardia e dichiarandosi intenzionato a ricostruire la propria vita. Tuttavia, nel 2025 gli era stata imposta una misura di sicurezza che lo costringeva a rimanere per sei mesi nella casa lavoro di Castelfranco Emilia, struttura dove è poi avvenuta la sua fuga.
Le ragioni della fuga: la denuncia nelle parole di Del Grande
Nella lettera inviata a VareseNews, Del Grande sottolinea come la casa lavoro, che dovrebbe favorire il reinserimento sociale tramite l’attività lavorativa, si sia invece rivelata un ambiente oppressivo e carcerario: “Le case di lavoro oggi sono delle carceri effettive in piena regola con sbarre, cancelli e polizia penitenziaria, orari cadenzati, regole e doveri”, scrive. Sottolinea come l’internamento non preveda né liberazioni anticipate né rapporti disciplinari, ma solo proroghe che di fatto impediscono una reale riabilitazione.
Del Grande denuncia inoltre la gestione massiccia e indiscriminata di psicofarmaci nei confronti di persone con patologie psichiatriche, un sistema che ritiene inefficace e dannoso. Descrive la sua esperienza lavorativa all’interno della struttura come una ripetizione delle attività carcerarie, senza alcuna vera opportunità di crescita.
“Avevo ripreso in mano la mia vita, ottenendo con sacrificio un ottimo lavoro, un equilibrio, una compagna, una vita normale fatta di pranzi, cene, pagare le bollette… tutto questo è svanito per la decisione della magistratura di sorveglianza, che mi ha rinchiuso nuovamente in una realtà repressiva peggiore del carcere”, afferma. La sua fuga è quindi motivata dal senso di totale inadeguatezza di un sistema che non considera il suo percorso di reinserimento durato oltre due anni e mezzo dalla scarcerazione.
Le ricerche e il contesto giudiziario attuale
Le autorità stanno ancora cercando di rintracciare Del Grande, focalizzando le operazioni in Sardegna e nella zona del Varesotto, dove la sua storia è ancora molto nota e dolorosa per la comunità. La sua figura è ricordata come quella di un giovane segnato da difficoltà personali e familiari che culminarono in un gesto drammatico ed efferato che scosse profondamente l’opinione pubblica italiana.
La vicenda di Del Grande ha avuto una risonanza nazionale, anche grazie all’intervista rilasciata negli anni passati alla giornalista Franca Leosini per la trasmissione Rai “Storie Maledette”, che ha raccontato dettagliatamente la “strage dei fornai”. La comunità di Cadrezzate, a distanza di oltre 25 anni, continua a sentire la ferita di quella notte dell’Epifania, quando il giovane, in preda alla droga e a un profondo disagio psichico, decise di sterminare la propria famiglia per un rifiuto legato alla sua vita privata.
Nel 2019 Del Grande era tornato a far parlare di sé per un tentativo di evasione dal carcere di Torre del Gallo a Pavia, che aveva però fallito. Ora, con la sua fuga dalla casa lavoro, si riaprono interrogativi sul sistema di misure di sicurezza e sulle modalità di reinserimento degli internati socialmente pericolosi, che sembrano trovarsi intrappolati in un limbo tra detenzione e libertà.






