Milano, 25 agosto 2025 – Il Tribunale di Milano ha depositato le motivazioni della sentenza sul disastro ferroviario di Pioltello del 2018, incidente che provocò tre morti e oltre cento feriti. Nelle 340 pagine firmate dai giudici della quinta sezione penale viene ribadito che non è stato possibile dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, le presunte lacune nel sistema di gestione della sicurezza imputate all’allora amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, Maurizio Gentile, e agli altri dirigenti finiti a processo.
La dinamica dell’incidente di Pioltello
Secondo quanto ricostruito in aula, la causa del deragliamento fu la rottura di un giunto difettoso nel cosiddetto “punto zero”. Gli stessi operatori della manutenzione avevano rilevato per tempo l’anomalia, circostanza che per i giudici esclude responsabilità a carico dell’ex ad e dei manager di Rfi. La ricostruzione, definita incontestabile, porta infatti a ritenere che la direzione della società non potesse essere a conoscenza delle condizioni di quel giunto né essere accusata di aver omesso interventi necessari.
Assoluzioni e condanna
Con la sentenza del 25 febbraio scorso, gli otto imputati appartenenti ai vertici e ai dirigenti di Rfi sono stati assolti con la formula “per non aver commesso il fatto” dalle accuse di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo e lesioni colpose. Unica condanna è stata inflitta a Marco Albanesi, ex capo dell’Unità manutentiva, ritenuto colpevole di aver sottovalutato il rischio connesso al giunto deteriorato: per lui la pena è stata fissata in cinque anni e tre mesi di reclusione.
Le richieste della Procura
Diversa era stata la posizione dei pubblici ministeri Leonardo Lesti e Maura Ripamonti, con l’aggiunta Tiziana Siciliano. L’accusa aveva chiesto complessivamente sei condanne, comprese quelle a carico di Gentile e della stessa Rfi, con pene fino a otto anni e quattro mesi. Secondo i magistrati, le scelte relative alla manutenzione dei binari avrebbero dovuto ricadere sulla cosiddetta “Alta Direzione” della società, ossia i vertici. Nonostante questo impianto accusatorio, i giudici hanno ritenuto che mancassero prove di condotte attive o omissive riconducibili al management.
Le conclusioni dei giudici sul disastro di Pioltello
Nelle motivazioni, i magistrati Canevini, Messina e Papagno sottolineano che il modello di gestione adottato da Rfi all’epoca dei fatti risultava “in concreto adeguato” e che le informazioni a disposizione dei vertici non consentivano di prevedere la rottura del giunto. Per questo motivo tutte le contestazioni relative alla politica di sicurezza imputata a Gentile sono state considerate irrilevanti. Resta invece a carico di Albanesi la colposa sottovalutazione di un rischio che, per la sua posizione, gli era noto e che avrebbe richiesto un intervento diretto.
Prospettive future
Con il deposito delle motivazioni, la Procura di Milano ha ora la possibilità di presentare ricorso in appello. La vicenda giudiziaria, dunque, non si conclude qui, mentre rimane aperto il dibattito sul livello di responsabilità della catena di comando all’interno delle grandi società pubbliche e sulla gestione della sicurezza in settori critici come il trasporto ferroviario.






