A Pescara è scoppiata la polemica dopo la pubblicazione, da parte de Il Messaggero, della testimonianza di un paziente che, al termine di una visita ambulatoriale, ha ricevuto un referto in cui figurava la dicitura “paziente omosex”. L’episodio ha sollevato dubbi sulla tutela della privacy e sull’opportunità di inserire simili annotazioni nei documenti sanitari.
La posizione della Asl di Pescara
In risposta, l’Azienda sanitaria locale ha precisato che non vi è stata alcuna violazione della riservatezza. La dicitura, ha spiegato la Asl, compare soltanto nel referto della prima visita, consegnato esclusivamente al diretto interessato e non incluso né nei documenti di accettazione né nella documentazione interna del day hospital. Pertanto, l’orientamento sessuale del paziente non è in alcun modo registrato o condiviso all’interno del percorso clinico e amministrativo.
Il consenso del paziente
Secondo quanto riferito, l’informazione sarebbe stata annotata su esplicita richiesta della dottoressa dopo aver ottenuto il consenso verbale del paziente, alla presenza di testimoni. La decisione era legata alla possibilità di fornire al paziente e al suo compagno eventuali supporti preventivi aggiuntivi.
Il valore clinico dell’annotazione “paziente omosex”
La Asl ha inoltre spiegato che si trattava di un dato anamnestico rilevante in termini epidemiologici, utile a una corretta valutazione del rischio di trasmissione di malattie sessualmente trasmesse e per l’eventuale prescrizione di misure preventive come la profilassi pre-esposizione.
Chiarimenti finali sulla dicitura “paziente omosex”
L’azienda sanitaria ha ribadito con forza che non vi è stato alcun intento discriminatorio né alcuna forma di stigmatizzazione. L’informazione, infatti, non accompagna il paziente nei successivi passaggi clinici, restando circoscritta al referto iniziale, custodito unicamente dall’interessato e redatto solo dopo un consenso esplicito.
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