Gemona del Friuli, 1 agosto 2025 – Una vicenda di inaudita crudeltà ha scosso la tranquilla cittadina di Gemona, in provincia di Udine. Lorena Venier, infermiera di 61 anni, ha confessato di aver ucciso e fatto a pezzi il figlio Alessandro, di 35 anni, collaborando nell’atroce gesto con la compagna di lui, Marilyn Castro Monsalvo, di origini colombiane. I dettagli del delitto di Gemona emergono lentamente, tra confessioni, interrogatori e una comunità incredula.
Il delitto avvenuto a Gemona
Il fatto risale alla notte del 25 luglio scorso, quando, secondo quanto emerso dall’interrogatorio, sarebbe avvenuto il delitto senza che fosse stata segnalata una lite particolarmente accesa. Lorena Venier ha ammesso di fronte al magistrato: “Sono stata io e so che ciò ho fatto è mostruoso”. La donna si è presentata regolarmente al lavoro come infermiera al Distretto sanitario di Gemona fino a mercoledì sera, senza destare sospetti, mantenendo una routine apparentemente normale nonostante il dramma in famiglia.
Il corpo di Alessandro è stato trovato nascosto in un bidone all’interno dell’autorimessa della villetta familiare, diviso in tre parti e coperto di calce viva per evitare che l’odore potesse insospettire i vicini. La scoperta è avvenuta solo questa mattina, in seguito a una chiamata delle due donne alle forze dell’ordine, alle quali hanno immediatamente confessato la loro responsabilità.
I protagonisti e le indagini: il contesto e le ipotesi
Alessandro Venier, disoccupato e con alcuni precedenti legati a problemi di alcol e droga, viveva con la madre e la compagna, con la quale aveva avuto una bambina di pochi mesi, già affidata ai servizi sociali. La madre, Lorena, è un’apprezzata infermiera con incarichi di coordinamento presso l’ospedale locale.
Gli inquirenti stanno ancora cercando di chiarire le modalità esatte e il movente dell’omicidio avvenuto a Gemona. Una delle prime ipotesi è che la tragedia sia scaturita da una lite degenerata venerdì sera, quando Alessandro avrebbe rifiutato di apparecchiare la tavola, in un clima di crescente tensione familiare. Le due donne avrebbero poi somministrato farmaci all’uomo, probabilmente senza rendersi conto della dose, per immobilizzarlo prima di aggredirlo con un’ascia, che è stata utilizzata anche per sezionare il corpo. L’udienza di convalida dell’arresto è prevista per lunedì.
L’altra indagata, Marilyn Castro Monsalvo, la compagna di Alessandro, rimane in carcere e il suo interrogatorio è slittato per motivi precauzionali, considerate le sue condizioni di salute e la presenza della figlia neonata. La difesa ha chiesto la massima cautela nella gestione del caso.
Il legame tra Lorena Venier e Marilyn
Parlando della compagna di Alessandro, Lorena l’ha paragonata alla figlia che non ha mai avuto. “Forse in questo legame eccezionale può esserci la base e la spiegazione di ciò che è accaduto, anche se non intendo specificare altri particolari, che appartengono al segreto istruttorio”, ipotizza Giovanni De Nardo, l’avvocato difensore della donna.
L’uso della calce viva per nascondere il cadavere
Durante l’interrogatorio tenutosi ieri sera, la madre della vittima ha rivelato che lei e la compagna del figlio avevano acquistato appositamente della calce viva per coprire i resti dell’uomo, nascosti all’interno di un bidone in un’autorimessa. Secondo quanto riferito da fonti investigative, l’intento era quello di neutralizzare l’odore del corpo in decomposizione e impedire che i vicini se ne accorgessero.
Resta ancora da chiarire un aspetto cruciale per l’inchiesta: la calce è stata acquistata prima dell’omicidio – indicando quindi una possibile premeditazione – o solo dopo che il corpo era già stato sezionato? Per avere una risposta definitiva sarà necessario attendere l’interrogatorio della compagna della vittima, nonché i risultati degli accertamenti medico-legali sul cadavere. Al momento, infatti, l’incarico per l’autopsia non è ancora stato formalmente assegnato.
Premeditazione, l’accusa della Procura
Nel frattempo, la Procura di Udine si prepara a contestare formalmente l’aggravante della premeditazione alle due donne che si sono autoaccusate del delitto. Lo ha confermato all’ANSA il procuratore aggiunto Claudia Danelon, anticipando che la richiesta sarà avanzata nell’udienza di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari, prevista per domani mattina.
Danelon ha sottolineato che la vicenda è estremamente delicata e che, fino alla conclusione degli accertamenti, non è possibile stabilire se una delle due indagate abbia avuto un ruolo più determinante rispetto all’altra nella commissione dell’omicidio. Le indagini proseguono dunque per ricostruire con precisione la dinamica dei fatti e il grado di responsabilità di ciascuna delle due donne coinvolte.
Un dramma che lascia sgomenti: la comunità di Gemona è sotto choc
I vicini di casa, che descrivono la famiglia come riservata e senza precedenti di violenza, sono sconvolti dall’accaduto. Lorena Venier è stata sempre vista come una donna affabile e stimata, tanto da svolgere un ruolo di caposala nell’ospedale di Gemona. Nessuno avrebbe potuto immaginare un epilogo così tragico.
L’intera vicenda è ancora avvolta da un alone di mistero, con inquirenti e magistrati impegnati a ricostruire il percorso che ha portato all’omicidio.
Per approfondire: Omicidio a Gemona: Alessandro Venier trovato smembrato in cantina, arrestate la madre e la compagna






