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Delitto di Gemona, è stata Mailyn a chiamare il 112. Lorena Venier avrebbe voluto mantenere il segreto

Dalle parole della madre della vittima emerge la volontà di non coinvolgere altre persone: lei e Mailyn ritenevano di poter gestire l’intero piano da sole

by Alessandro Bolzani
4 Agosto 2025
Alessandro Venier, la vittima del delitto di Gemona

Alessandro Venier, la vittima del delitto di Gemona | Ansa - Alanews.it

Trieste, 4 agosto 2025 – Un omicidio efferato ha scosso la comunità friulana di Gemona, in provincia di Udine. Al centro della vicenda, una madre e una nuora che avrebbero agito insieme per uccidere e smembrare il corpo di Alessandro Venier, 35 anni, rispettivamente figlio e compagno delle due donne coinvolte. Un delitto consumato in silenzio per giorni, fino a quando il piano non è crollato sotto il peso del rimorso e della tensione crescente.

La chiamata al 112 e l’inizio delle indagini

A far emergere l’atroce verità è stata una telefonata al numero di emergenza, partita il 31 luglio scorso. A comporlo è stata Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni, compagna della vittima, giunta in Italia dalla Colombia nel 2022. Con voce tremante e in un italiano incerto, la donna ha detto: “Mia suocera ha ucciso il figlio”. Pochi istanti dopo, l’operatore ha potuto udire una discussione accesa in sottofondo. Una voce concitata – quella di Lorena Venier, madre della vittima – che sembrava voler togliere il telefono dalle mani di Mailyn. Alcuni lividi rilevati più tardi sul corpo della trentenne hanno rafforzato l’ipotesi che tra le due ci sia stata una colluttazione proprio in quei momenti.

L’arrivo dei Carabinieri nella villetta di Gemona

Avvisati dall’operatore del 112, i Carabinieri sono accorsi immediatamente nell’abitazione, descritta poi come la “villetta degli orrori”. Al loro arrivo, Lorena teneva in braccio la nipotina, mentre Mailyn appariva in uno stato di forte agitazione psicologica. Nonostante inizialmente la donna avesse puntato il dito contro la suocera, nel corso del sopralluogo avrebbe ammesso il proprio coinvolgimento nell’omicidio. Tuttavia, tali dichiarazioni, rese in un momento di choc emotivo, non potranno essere utilizzate formalmente in sede processuale. Viste le condizioni precarie delle due donne, i militari hanno richiesto l’intervento del personale sanitario.

Il silenzio di Mailyn

Mailyn, portata in ospedale e poi trasferita a Trieste, è stata colta da un malore che ha impedito al pubblico ministero di ascoltare la sua versione dei fatti. In seguito, durante l’udienza per la convalida dell’arresto che si è svolta a Udine, la trentenne si è avvalsa della facoltà di non rispondere, seguendo le indicazioni della sua legale, l’avvocata Federica Tosel. Al momento, quindi, non esiste ancora una deposizione formale da parte della presunta istigatrice del delitto.

Il piano segreto e la macabra confessione della madre

A ricostruire con minuzia quanto accaduto è stata Lorena Venier, infermiera di 61 anni, che ha ammesso di aver partecipato all’omicidio del figlio e alla successiva distruzione del cadavere. Secondo il suo racconto, l’intenzione iniziale era di mantenere il segreto e di far sparire ogni traccia in un secondo momento. La donna ha raccontato che, una volta sezionato il corpo, avrebbe aspettato che si decomponesse prima di trasportarlo in montagna. In quel gesto, ha spiegato, avrebbe voluto onorare il presunto desiderio espresso in vita dal figlio, ovvero che le sue spoglie fossero disperse tra i boschi.

Il piano di Lorena e Mailyn

Dalle parole di Lorena emerge anche la volontà di non coinvolgere altre persone: lei e Mailyn ritenevano di poter gestire l’intero piano da sole, senza l’aiuto di terzi. Un piano lucido, che prevedeva l’occultamento progressivo dei resti in un luogo isolato, lontano da occhi indiscreti. Tuttavia, qualcosa è andato storto. Forse la pressione psicologica, forse i dissidi tra suocera e nuora, hanno fatto vacillare Mailyn, spingendola infine a rompere il silenzio.

L’ammissione della madre: “L’ho sezionato io da sola”

“Mi sono occupata da sola del ‘depezzamento’ di Alessandro: ho utilizzato un seghetto e un lenzuolo per contenere il sangue e l’ho sezionato in tre pezzi: non ci sono stati schizzi, per questo i carabinieri hanno trovato tutto in ordine”, ha ammesso Lorena Venier.

La donna, nel lungo racconto al pm e ripetuto al Gip, ha spiegato la successione degli eventi. Mailyn è intervenuta soltanto per spostare le tre parti nell’autorimessa. E’ la sintesi della parte più drammatica del racconto di Lorena Venier dopo la morte del figlio.

L’inchiesta è tuttora in corso, ma il contesto che emerge è quello di un rapporto familiare profondamente compromesso, sfociato in uno dei delitti più agghiaccianti degli ultimi anni nella regione.

Per approfondire: Delitto di Gemona, la madre di Alessandro Venier: “Lo abbiamo ucciso per proteggere Mailyn”

Tags: prima pagina

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