Si apre oggi in Cassazione l’udienza cruciale per il futuro di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa nella villetta di famiglia a Garlasco il 13 agosto 2007. Al centro della discussione c’è la decisione con cui, l’11 aprile scorso, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha concesso a Stasi il regime di semilibertà. Un provvedimento fortemente contestato dalla Procura generale di Milano, che ne ha chiesto l’annullamento per presunti vizi di legittimità.
La posizione della Procura generale
Nel ricorso presentato alla Suprema Corte, la sostituta procuratrice generale Valeria Marino – su delega della procuratrice generale Francesca Nanni – contesta diversi aspetti dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Secondo l’accusa, la decisione che ha ammesso Stasi alla semilibertà sarebbe viziata non solo per la questione dell’intervista televisiva concessa a “Le Iene” durante un permesso premio, ma anche per ulteriori profili giuridici e motivazionali. In particolare, la Procura sostiene che quell’intervista non rientrasse tra le finalità consentite dai permessi premio, che per legge devono avere natura familiare, culturale o lavorativa.
Un’udienza senza dibattimento
L’udienza odierna in Cassazione è di tipo “cartolare”: i giudici esamineranno il fascicolo senza la presenza fisica delle parti. Saranno valutate le motivazioni del ricorso della Procura generale milanese, le eventuali osservazioni del procuratore generale presso la Cassazione – che potrà decidere se sostenere o meno la tesi dei colleghi milanesi – e le memorie difensive presentate dagli avvocati di Stasi. La Corte potrà a questo punto scegliere se respingere il ricorso, confermando la semilibertà, oppure annullare l’ordinanza impugnata e rinviare la questione nuovamente al Tribunale di Sorveglianza di Milano, che dovrà riformulare la propria decisione seguendo le indicazioni della Cassazione.
Il nodo dell’intervista televisiva rilasciata da Stasi
Uno degli elementi più controversi dell’intera vicenda resta l’intervista rilasciata da Stasi al programma televisivo “Le Iene” durante un permesso premio concesso per un ricongiungimento familiare. Secondo la Procura generale, il detenuto avrebbe dovuto ottenere un’autorizzazione specifica per parlare pubblicamente del suo caso, e l’omissione di tale richiesta costituirebbe una violazione delle norme sul regime detentivo. Ma per i giudici del Tribunale di Sorveglianza, questo episodio non avrebbe inficiato il percorso rieducativo del detenuto, motivando così l’accesso alla misura alternativa.
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