Oggi, 1 agosto 2025, entra ufficialmente in vigore il piano tariffario più discusso degli ultimi anni. Gli Stati Uniti hanno applicato nuove tariffe su decine di Paesi, dichiarando una politica di “reciprocità commerciale”. Una misura che cambia drasticamente gli equilibri globali e coinvolge anche l’Italia, tra i Paesi colpiti. Ma non è l’unica. In questo scenario di tensione, c’è chi teme il peggio… e chi, nell’ombra, sta per guadagnarci.
Italia: chi perde e chi resiste
L’Italia si trova ufficialmente sotto la soglia del 15% di dazio fisso su moltissimi beni esportati verso gli Stati Uniti. Per un Paese a forte vocazione manifatturiera ed esportatrice, la mossa rappresenta un terremoto.
I settori più colpiti:
Agroalimentare: aumentano i prezzi per olio extravergine d’oliva, formaggi DOP, salumi e vino. Le imprese italiane che esportano verso gli USA subiscono un impatto immediato, con una perdita stimata di competitività.
Moda e design: per marchi medi e brand non di lusso, il rincaro rischia di far slittare accordi con importatori americani.
Arredamento e cucine: il design italiano, molto apprezzato negli USA, diventa meno conveniente. Alcuni rivenditori potrebbero rivedere gli ordini.
Farmaceutico e biomedicale: dazi estesi anche a beni tecnologici e strumenti sanitari.
Chi “festeggia”? I marchi premium e del lusso, come le case automobilistiche e i produttori di distillati ad alto valore. Ferrari, ad esempio, ha margini sufficienti per assorbire il dazio senza perdere quote di mercato. Stesso discorso per brand storici di liquori e moda alta gamma.

Dazi Paese per Paese: chi rischia grosso
Gli Stati Uniti hanno introdotto dazi variabili, in base alla reciprocità percepita. Il piano prevede tariffe tra 10% e 41% su centinaia di prodotti e coinvolge oltre 80 Paesi.
Le nuove tariffe principali:
Unione Europea: colpita da un dazio fisso del 15% su beni agricoli, industriali e tessili. Un compromesso per evitare sanzioni più alte.
India: colpita con dazi fino al 25%, per compensare quelli già esistenti da parte indiana su beni USA.
Brasile: penalizzato su caffè, carni lavorate e alcolici, con tariffe che vanno dal 10% al 40%.
Canada: pesante ritorsione diplomatica. Dazi al 35% su quasi tutte le merci canadesi, escluse materie prime energetiche.
Siria e Sudan: puniti con dazi massimi fino al 41% per motivi di “instabilità e relazioni ostili”.
Taiwan: tariffe tra il 10% e il 20%, soprattutto sui componenti elettronici.
Sudafrica: colpito per mancanza di reciprocità nei dazi doganali.
Giappone e Corea del Sud: trattati in modo più favorevole, con tariffe tra 10% e 15%.
Messico: temporaneamente esente grazie a un accordo in extremis.
Vietnam, Filippine, Malesia: colpiti nei settori tessile, calzature, semi-lavorati industriali.
Gli effetti globali attesi
Le conseguenze economiche non si limitano ai rapporti bilaterali tra USA e singoli Paesi. Il nuovo scenario sta generando una cascata di reazioni:
Inflazione globale: l’aumento dei prezzi all’importazione potrebbe ricadere su consumatori e imprese in tutto il mondo.
Riorganizzazione delle catene di approvvigionamento: molte multinazionali stanno valutando nuove rotte e fornitori alternativi.
Tensioni diplomatiche: alcuni governi hanno già annunciato contro-dazi o azioni presso organismi internazionali.
In Europa, le aziende stanno accelerando la diversificazione dei mercati, cercando sbocchi in Asia, America Latina e Medio Oriente, per ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti.
Trump rilancia la sfida globale
Il messaggio lanciato da Donald Trump è chiaro: «Sarà un gran giorno per gli USA». Il piano tariffario, definito “storico”, segna un ritorno deciso al protezionismo economico, con l’obiettivo dichiarato di bilanciare i rapporti commerciali. Le nuove tariffe non sono solo uno strumento economico, ma anche una leva politica.
L’effetto è già visibile: alcune nazioni si affrettano a negoziare accordi bilaterali per evitare i dazi, altre preparano ritorsioni mirate. Il commercio globale, da oggi, entra ufficialmente in una nuova fase di scontro competitivo.
E ora?
Per l’Italia, il momento è delicato. Alcune imprese dovranno ripensare completamente le proprie strategie, rivedere i prezzi, esplorare nuovi mercati. Altre, forti del marchio, della qualità e della reputazione, sapranno navigare anche in acque agitate. Ma una cosa è certa: da oggi nulla sarà più come prima.






