Il cielo sopra il Medio Oriente e altre regioni in conflitto mostra ampi “buchi” privi di traffico aereo, una situazione che sta mettendo a dura prova le compagnie aeree globali. I conflitti in escalation, come quello in Medio Oriente, stanno infatti imponendo restrizioni agli spazi aerei, costringendo le compagnie a ripensare rotte e strategie di volo, con conseguenze economiche rilevanti.
Le zone di esclusione aerea e l’impatto sui voli commerciali
Osservando le mappe dei voli in tempo reale, come quelle offerte da FlightRadar24, si notano chiaramente vaste aree senza alcun aereo: sono le cosiddette zone di divieto di sorvolo. Queste aree vengono chiuse per motivi di sicurezza, quando eventi sul terreno — come scontri armati o instabilità politica — rendono pericoloso il transito degli aerei a causa di possibili attacchi, interferenze o rischi collaterali.
L’ultimo esempio lampante è l’aumento delle tensioni e delle ostilità tra Iran e Israele, che ha determinato la chiusura quasi totale dello spazio aereo su questi paesi e zone limitrofe. Altri spazi aerei chiusi o fortemente limitati includono Iraq, Siria e aree dell’Ucraina orientale, dove persistono conflitti armati dal 2014, aggravati dall’invasione russa del 2022.
Come segnala Brendan Sobie, consulente aeronautico con sede a Singapore, “la chiusura di spazi aerei è diventata la nuova normalità per le compagnie aeree. Negli ultimi anni, eventi come il conflitto russo-ucraino, le tensioni tra India e Pakistan, e gli scontri tra Israele e Iran hanno imposto continue deviazioni, creando problemi logistici non indifferenti”.
Di fatto, gli aerei devono sorvolare corridoi aerei più stretti e spesso molto più lunghi, evitando le zone di conflitto, aumentando così il tempo di volo e il consumo di carburante. Per esempio, i voli diretti da Londra a Hong Kong richiedono oggi almeno due ore in più per evitare lo spazio aereo iraniano e mediorientale, con un aumento significativo dei costi operativi.
Riprogettare rotte e gestire i rischi: una sfida per le compagnie aeree
Le compagnie aeree dispongono di team dedicati a monitorare costantemente la situazione geopolitica e ad analizzare i rischi connessi all’utilizzo di determinate rotte. “Anche se uno spazio aereo è aperto, alcune compagnie potrebbero giudicarlo non sicuro e decidere di evitarlo”, spiega Sobie. Questo porta a deviazioni consistenti, che implicano non solo un aumento del carburante bruciato — stimato intorno ai 7.000 dollari l’ora per un Boeing 777 — ma anche maggiori costi per il personale, tariffe di sorvolo e potenziali perdite dovute a ritardi e cancellazioni.
Le restrizioni attuali concentrano il traffico aereo in corridoi più ristretti, soprattutto a sud delle zone di conflitto, dove la gestione del traffico diventa più complessa e stressante per i controllori di volo. Per ottimizzare la capacità, si ricorre a variazioni di altitudine e orari di decollo e atterraggio, ma questo può far lievitare ulteriormente i costi, dato che le fasce orarie migliori negli aeroporti sono limitate e molto richieste.
La situazione è ulteriormente complicata da rischi emergenti come le interferenze elettroniche e la guerra cibernetica, che possono influenzare i sistemi GPS e di navigazione satellitare, fondamentali per la sicurezza dei voli sulle aree di conflitto.
Impatti economici e strategici dei conflitti sulle rotte aeree
Tony Stanton, direttore consulente di Strategic Air in Australia, sottolinea come i costi derivanti dalle restrizioni aeree siano ingenti e difficilmente recuperabili in tempi brevi. Oltre al maggiore consumo di carburante, vi sono costi legati al lavoro degli equipaggi, ai costi di sorvolo di rotte alternative e alle perdite per ritardi e cancellazioni. Le compagnie, inoltre, non possono sempre trasferire questi costi sui biglietti a causa di variazioni nella domanda e nella concorrenza sui mercati.
La chiusura del traffico aereo commerciale su Iran e Israele ha reso necessarie deviazioni importanti soprattutto per i voli a corto raggio tra Asia centrale e destinazioni del Golfo come Dubai e Doha. Questi voli, che prima attraversavano per ore lo spazio aereo iraniano, oggi devono percorrere rotte più lunghe passando per Arabia Saudita, Egitto e Turchia.
Secondo FlightRadar24, l’aria sopra il Medio Oriente appare compressa in due stretti corridoi di traffico, una condizione che genera un aumento del carico di lavoro per i controllori e potenziali rischi di congestione.
Conflitti prolungati, disinformazione e rischi di sicurezza
Il conflitto in Ucraina, iniziato nel 2022, rappresenta un esempio di come le restrizioni aeree restino in vigore a lungo termine, modificando permanentemente le rotte europee e asiatiche. Nel frattempo, la disinformazione legata agli eventi bellici aggrava la situazione: ad esempio, nell’est dell’Ucraina, gruppi filorussi hanno diffuso false accuse sull’origine di bombardamenti che hanno colpito strutture civili, mentre fonti indipendenti e analisi di esperti hanno smentito tali narrazioni.
Inoltre, la tragedia del volo Malaysia Airlines MH17 del luglio 2014, abbattuto da un missile nel Donbas, è un monito drammatico sulle conseguenze di sorvolare zone di conflitto.
Altri pericoli per la navigazione aerea: le eruzioni vulcaniche
Oltre ai conflitti, le compagnie aeree devono affrontare anche le sfide poste da eventi naturali. Tony Stanton ricorda come le eruzioni vulcaniche, come quella attuale vicino a Bali, rappresentino un pericolo ancora più insidioso. Le nuvole di cenere vulcanica, ricche di silice, possono danneggiare gravemente i motori degli aerei e diffondersi su vaste aree a causa dei venti in quota.
L’eruzione dell’Eyjafjallajökull in Islanda nel 2010, che causò la cancellazione di migliaia di voli e l’interruzione del traffico aereo sul Nord Atlantico per giorni, ha rappresentato una delle crisi più gravi della storia dell’aviazione moderna, con oltre 10 milioni di passeggeri coinvolti e danni economici stimati superiori a 1,7 miliardi di dollari.
Il contesto geopolitico del Medio Oriente
Il Medio Oriente, regione che si estende dall’Asia occidentale all’Africa settentrionale, comprende paesi come Arabia Saudita, Iran, Israele, Iraq, Siria, Turchia, Egitto e molti altri. Con una popolazione complessiva di circa 395 milioni di abitanti e una grande varietà etnica e religiosa, questa area è un crocevia di culture e storie antiche.
Le tensioni geopolitiche e i conflitti armati sono da tempo all’ordine del giorno in questa regione, influenzando non solo la politica internazionale ma anche la sicurezza e la libertà di movimento nel cielo. La complessa situazione territoriale, con molteplici attori statali e non statali, rende la gestione dello spazio aereo particolarmente complessa e delicata.
Il mondo dell’aviazione commerciale sta quindi affrontando una realtà in cui le rotte aeree sono continuamente ridefinite da conflitti e rischi naturali, con impatti profondi sulla sicurezza, l’economia e la pianificazione strategica dei voli internazionali. Le compagnie devono bilanciare la necessità di garantire sicurezza e affidabilità con le pressioni economiche e operative derivanti dalle continue sfide geopolitiche e ambientali.