Milano, 5 novembre 2025 – La sentenza della Corte d’Assise d’Appello ha ridotto a 24 anni di carcere la condanna per Alessia Pifferi, la donna ritenuta responsabile dell’omicidio della figlia di diciotto mesi, Diana, lasciata sola per sei giorni nell’estate del 2022 nell’appartamento di Ponte Lambro, a Milano. La decisione ha suscitato reazioni forti in famiglia, in particolare da parte di Viviana Pifferi, sorella di Alessia, che ha espresso il suo dolore e la sua contrarietà per la valutazione della giustizia.
Il dolore di Viviana Pifferi: “Una cosa orrenda”

“24 anni per una bambina che non c’è più, una cosa orrenda“, ha dichiarato Viviana Pifferi commentando la sentenza. “È come se le motivazioni che lei ha tirato fuori fossero state prese in considerazione, a differenza di quel che ho detto io in questi anni: come se fossimo noi quelli che l’hanno abbandonata, ma non è così. È lei che ha voluto abbandonarci”. Viviana ha sottolineato che la sorella non è mai stata abbandonata: “Era lei che ci allontanava quando le pareva”.
La sorella della condannata ha inoltre espresso amarezza per il modo in cui è stata trattata la vicenda: “Diana non ha avuto giustizia, anche perché non si è più parlato di lei, ma esclusivamente di Alessia. Forse si sono dimenticati che Diana è stata lasciata da sola per andare a divertirsi, eppure sono stati scartati i futili motivi”. Quanto al rapporto con Alessia, Viviana ha detto: “Non ho guardato Alessia durante la lettura della sentenza, non mi va proprio più di guardarla. I suoi piagnistei sono serviti: ancora una volta ha incantato tutti, questo è il riassunto di questi tre anni e di una vita che ho passato con lei”.
La perizia sul deficit cognitivo di Alessia Pifferi
Nel corso del processo è emersa la questione di un grave deficit cognitivo di Alessia Pifferi, che sarà oggetto di una nuova perizia psichiatrica. Il deficit cognitivo riguarda le funzioni mentali necessarie per svolgere attività quotidiane, come la memoria, l’attenzione, il ragionamento e il problem solving. La valutazione di queste capacità è fondamentale per stabilire la capacità di intendere e di volere dell’imputata, ovvero la sua consapevolezza e capacità di controllo sulle proprie azioni.
Secondo gli esperti, la presenza di un deficit cognitivo può influire sull’imputabilità, ma è necessario un accertamento approfondito che comprenda colloqui, test psicologici e valutazioni del funzionamento adattivo nella vita quotidiana. Nel caso di Alessia Pifferi, il perito nominato in primo grado non ha escluso la presenza di una disabilità intellettiva ma ha ritenuto che il funzionamento della donna non escluda la sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto. La difesa ha presentato documenti che attestano la presenza di deficit fin dall’infanzia, mentre il perito ha rilevato possibili distorsioni nei test effettuati in carcere, dovute anche all’intervento delle psicologhe penitenziarie.
La nuova perizia sarà decisiva per chiarire se il deficit cognitivo abbia influito sulle azioni di Alessia Pifferi, che ha abbandonato la figlia piccola per sei giorni, causando la sua morte per fame e disidratazione.
Il caso di Diana Pifferi rimane uno dei più dolorosi e controversi della cronaca recente di Milano, con un dibattito ancora aperto sulle responsabilità, sulle condizioni psichiche della madre e sulla giustizia per una bambina innocente.






