Roma, 4 dicembre 2025 – Nel periodo compreso tra il 2011 e il 2024, oltre 630mila giovani italiani tra i 18 e i 34 anni hanno lasciato il Paese, con un saldo netto negativo di circa 441mila unità. È quanto emerge dal Rapporto 2025 del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), presentato oggi a Villa Lubin dal presidente Renato Brunetta, economista e politico di lungo corso, che guida l’organo consultivo dal 2023. Il documento, curato da Valentina Ferraris e Luca Paolazzi con il contributo di esperti, evidenzia le criticità legate alla fuga di capitale umano e propone strategie per rendere l’Italia più attrattiva nei confronti delle giovani generazioni.
Il valore economico e territoriale della fuga dei cervelli
Il Rapporto stima che tra il 2011 e il 2024 il valore complessivo del capitale umano emigrato dall’Italia ammonti a 159,5 miliardi di euro, con una significativa distribuzione geografica: 77 miliardi sono riferiti al Nord e 58 al Mezzogiorno. Le regioni che registrano la maggiore perdita di capitale umano sono Lombardia (28,4 miliardi), Sicilia (16,7 miliardi) e Veneto (14,8 miliardi). In termini di Pil, la perdita rappresenta il 7,5% del valore nazionale.
Le destinazioni preferite dai giovani italiani sono principalmente il Regno Unito (26,5%) e la Germania (21,2%), seguite da Svizzera (13%), Francia (10,9%) e Spagna (8,2%). Tuttavia, si registrano variazioni territoriali significative: ad esempio, quasi la metà dei giovani altoatesini si trasferisce in Austria, mentre dal Mezzogiorno la Germania attrae il 30,4% dei migranti, con punte del 39,1% in Sicilia.
Parallelamente all’esodo verso l’estero, si registra un intenso flusso interno verso il Centro-Nord: dal Mezzogiorno si sono trasferiti 484mila giovani, di cui 240mila nel Nord-Ovest, 163mila nel Nord-Est e 80mila nel Centro. Le regioni meridionali più colpite sono Campania, Sicilia e Puglia, mentre Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte sono le maggiori destinatarie di giovani trasferiti.
Il trasferimento interno di capitale umano giovanile dal Mezzogiorno al Nord è valutato in 147 miliardi di euro, di cui 79 miliardi riguardano i laureati, 55 i diplomati e 14 i non diplomati. La Lombardia guida le regioni beneficiarie con 76 miliardi, seguita dall’Emilia-Romagna con 41 miliardi.
Le proposte del Cnel per trattenere e attrarre i giovani
Il presidente del Cnel, Renato Brunetta, ha sottolineato l’importanza di una strategia integrata per valorizzare le nuove generazioni e trasformare l’Italia in un Paese più attrattivo. Brunetta ha presentato il concetto di “nuovo patto generazionale”, che punta a mettere al centro i giovani per lo sviluppo e il benessere del Paese.
Tra le proposte contenute nel Rapporto figura l’introduzione del sistema di Valutazione d’Impatto Generazionale (Vig) per gli atti legislativi, finalizzato a garantire che le decisioni politiche considerino le ricadute sulle nuove generazioni. Sei sono gli ambiti prioritari indicati: questione salariale, costo della vita (in particolare abitazioni), innovazione e ricerca, cultura del lavoro e meritocrazia, qualità della vita, semplificazione amministrativa e incentivi al rientro.
Brunetta ha evidenziato che promuovere la conciliazione tra tempo di lavoro e tempo libero è fondamentale per migliorare la qualità della vita dei giovani. Tuttavia, il primo passo cruciale è dimostrare concretamente l’impegno dell’Italia verso le nuove generazioni, affinché queste abbiano fiducia nel futuro nel proprio Paese.
Inoltre, il Rapporto rileva un aumento della quota femminile tra i giovani emigrati, attestatasi al 48,1% nel 2024, con valori più elevati nel Nord-Est (50,5%) e più bassi al Sud (44,9%). Cresce anche la percentuale dei laureati tra i migranti giovani, che nel triennio 2022-2024 arriva al 42,1%, segnale di un’emorragia di capitale umano altamente qualificato.
Le analisi del Cnel si inseriscono in un contesto più ampio di criticità del mercato del lavoro italiano, caratterizzato da un’occupazione trainata dalla fascia over 50, tassi di disoccupazione giovanile elevati (20,1% sotto i 25 anni) e un persistente problema di “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro, oltre a un costo del lavoro elevato e una produttività stagnante da decenni. Questi fattori contribuiscono a rendere l’Italia meno competitiva e meno attraente per i giovani rispetto ad altri Paesi avanzati.
Il Rapporto del Cnel rappresenta dunque un monito e un invito all’azione per affrontare le sfide demografiche, sociali ed economiche che rischiano di compromettere il futuro del Paese, evidenziando al contempo la necessità di politiche mirate per invertire la tendenza e valorizzare il capitale umano giovanile.





