Si è svolta oggi presso il Tribunale di Milano l’udienza del processo con rito abbreviato che vede imputata Chiara Ferragni, celebre influencer e imprenditrice, accusata di truffa aggravata nell’ambito del cosiddetto “Pandoro gate” e delle campagne promozionali legate alle uova di Pasqua. La Procura ha chiesto una condanna a un anno e otto mesi, sostenendo il ruolo preminente di Ferragni nella presunta truffa ai danni dei consumatori, con un danno stimato di circa 2,2 milioni di euro.
Il ruolo di Chiara Ferragni nel “Pandoro gate” e le accuse della Procura
Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Eugenio Fusco e del pm Cristian Barilli, nell’ambito delle indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, Chiara Ferragni avrebbe avuto un ruolo centrale nelle campagne commerciali che hanno portato alla presunta truffa, grazie alla sua immensa popolarità e ai milioni di follower che si fidavano delle sue indicazioni. Le società riconducibili all’influencer, infatti, avrebbero avuto l’ultima parola sugli accordi commerciali con le aziende Balocco e Cerealitalia, produttrici rispettivamente del Pandoro Pink Christmas e delle uova di Pasqua promossi nelle campagne incriminate.
La Procura ha evidenziato come i messaggi veicolati da Ferragni e dal suo team abbiano indotto i consumatori a credere che una parte consistente del prezzo maggiorato dei prodotti venisse devoluta in beneficenza. In realtà, secondo l’accusa, tale quota benefica era fissa e indipendente dal volume delle vendite: per esempio, la società Balocco aveva destinato 50 mila euro all’ospedale Regina Margherita di Torino, a prescindere dal successo delle vendite del pandoro. Le società di Ferragni avrebbero invece incassato oltre un milione di euro per la licenza del marchio e la realizzazione dei contenuti pubblicitari, senza che questa somma corrispondesse a una reale correlazione con le donazioni pubblicizzate.
Le testimonianze raccolte, tra cui numerose mail agli atti, mostrano che le indicazioni sulle risposte da fornire ai clienti che chiedevano chiarimenti sulle campagne di beneficenza venivano gestite dalle società di Ferragni. L’inchiesta si è intensificata quando la giornalista Selvaggia Lucarelli ha iniziato a sollevare dubbi sulle modalità di comunicazione e trasparenza delle iniziative.
Le difese di Ferragni e le posizioni delle parti
Chiara Ferragni, visibilmente emozionata, ha respinto con forza le accuse, dichiarando durante l’udienza di aver agito sempre “in buona fede” e che eventuali errori erano da attribuirsi a una comunicazione non chiara, ma mai con intenti di lucro. L’influencer ha inoltre illustrato le sue numerose iniziative benefiche nel corso degli anni, come la raccolta fondi per l’ospedale San Raffaele durante la pandemia di Covid-19, sottolineando l’impegno costante a sostegno di cause sociali.
La difesa, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, ha annunciato che nella prossima udienza del 19 dicembre presenterà una requisitoria volta a dimostrare l’innocenza di Ferragni e le ragioni alla base delle scelte contrattuali e comunicative adottate.
Parallelamente, è rimasta parte civile nel processo l’associazione “Casa del consumatore”, rappresentata dall’avvocato Aniello Chianese, che ha sottolineato come le campagne abbiano veicolato informazioni false, arrecando un danno ai consumatori, soprattutto per via dell’aggravante della minorata difesa degli utenti online. Chianese ha spiegato che i follower degli influencer si fidano ciecamente dei messaggi veicolati e, pertanto, gli acquisti effettuati nei punti vendita della grande distribuzione sono stati condizionati da informazioni ingannevoli.
Oltre a Ferragni, per cui la Procura ha chiesto la condanna a 1 anno e 8 mesi, sono imputati anche Fabio Damato, ex collaboratore dell’imprenditrice (per cui è stata chiesta la stessa pena), e Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-ID, per cui è stata richiesta una condanna a un anno, con l’unica concessione delle attenuanti.
Le implicazioni legali e la prossima udienza
Il processo, svolto a porte chiuse, si concentra su tre operazioni commerciali e sulla strategia utilizzata per promuovere questi prodotti, ritenuta dalla Procura disgiunta dalla reale attività di beneficenza. L’aggravante contestata riguarda l’uso del mezzo informatico per la truffa e la minorata difesa dei consumatori online, quest’ultimo elemento che può comportare pene fino a sei anni di reclusione.
Chiara Ferragni, che ha una carriera consolidata come imprenditrice digitale e influencer, con oltre 28 milioni di follower, ha sempre negato qualsiasi illecito e ha già effettuato donazioni per oltre 3,4 milioni di euro in relazione ai casi contestati.
La sentenza è prevista per metà gennaio, mentre la prossima udienza, in cui interverranno le difese, si terrà il 19 dicembre. Nel frattempo, la vicenda ha acceso un dibattito sulla trasparenza e l’etica nelle campagne pubblicitarie promosse dagli influencer, sottolineando come la fiducia dei consumatori online possa essere sfruttata in modo improprio.
Ferragni, nel corso del procedimento, ha anche ricordato il suo impegno sociale, citando in particolare la lotta contro la violenza sulle donne, tema a cui si è dedicata anche durante la sua partecipazione al Festival di Sanremo.
Il caso continua a tenere alta l’attenzione mediatica non solo per la rilevanza della persona coinvolta, ma anche per le implicazioni che potrebbe avere sul mondo del marketing digitale e sulle responsabilità degli influencer nei confronti dei propri follower e consumatori.






