Una gestione distorta e “privatistica” delle liste d’attesa all’interno di una struttura pubblica. È questa l’accusa che ha portato all’arresto del primario di Oculistica dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Renato Dulbecco” di Catanzaro, Vincenzo Scorcia, 48 anni. Il medico è stato posto agli arresti domiciliari insieme a Maria Battaglia, 50 anni, segretaria di uno studio privato. L’ordinanza è stata emessa dal gip su richiesta della Procura. In totale, risultano indagate dodici persone.
Le accuse: associazione a delinquere e truffa aggravata
I reati contestati vanno dall’associazione per delinquere al peculato, dalla concussione alla truffa aggravata e interruzione di pubblico servizio. A Scorcia sono inoltre attribuite l’accusa di falsità ideologica e autoriciclaggio. Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza – in particolare dal Nucleo di polizia economico-finanziaria, Gruppo Tutela spesa pubblica – hanno fatto emergere un quadro allarmante: un’organizzazione radicata all’interno del reparto, composta da due dirigenti medici, un’infermiera e la segretaria di uno studio privato, tutti dediti alla gestione illecita delle procedure sanitarie.
Una gestione “privatistica” delle liste d’attesa
Secondo gli inquirenti, il meccanismo si basava su un sistema di prenotazioni parallelo. I pazienti che avevano effettuato visite private, a pagamento, ricevevano un trattamento privilegiato: interventi chirurgici garantiti in tempi rapidi, sfruttando le strutture e le risorse dell’ospedale pubblico. Al contrario, i pazienti inseriti regolarmente nelle liste d’attesa ambulatoriali erano costretti ad attendere. In sostanza, il reparto pubblico sarebbe stato trasformato in una sorta di clinica privata, a danno del servizio sanitario e con gravi ricadute sulla qualità delle prestazioni per l’utenza comune.
Pazienti psicologicamente “costretti” a pagare
La Procura ha evidenziato anche un aspetto particolarmente critico: in diversi casi, la gravità clinica dei pazienti era tale da rendere urgente l’intervento chirurgico, pena la compromissione di un bene fisico fondamentale, come la vista. In queste circostanze, le persone si sarebbero trovate in una condizione psicologica di forte vulnerabilità, che le avrebbe indotte ad accettare il pagamento privato pur di accedere tempestivamente all’operazione, sebbene svolta in una struttura pubblica.
Sequestrati beni per quasi un milione di euro
A cinque degli indagati è stato notificato anche un sequestro preventivo di beni e somme di denaro per un valore complessivo di 984.762,23 euro, pari al profitto illecito stimato. L’indagine ha inoltre fatto emergere che cinque medici, pur avendo optato per il regime di esclusività con l’ospedale pubblico – e quindi percependo indennità dedicate – svolgevano attività extra-istituzionali in studi privati o cliniche convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Un comportamento che ha causato un danno economico rilevante sia all’Azienda ospedaliero-universitaria che all’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro.
La Procura: “Privatizzato un reparto pubblico”
Il quadro delineato dagli inquirenti è quello di una vera e propria privatizzazione illecita del reparto di Oculistica, in spregio alle regole del servizio sanitario nazionale. Una distorsione che ha compromesso l’equità d’accesso alle cure e gonfiato artificialmente i tempi di attesa per i cittadini che seguivano i canali ufficiali. L’indagine prosegue per verificare l’estensione del fenomeno e il coinvolgimento di ulteriori figure professionali.
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