Trieste, 24 novembre 2025 – Le indagini sul misterioso caso di Liliana Resinovich, la donna scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata senza vita il 5 gennaio 2022 nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste, continuano a registrare sviluppi significativi grazie a nuove testimonianze e approfondimenti tecnici. La vicenda, che vede indagato per omicidio il marito Sebastiano Visintin, si arricchisce oggi di una rivelazione che riguarda la consegna di due sacchi neri, elemento chiave nel caso.
Nuova testimonianza sull’episodio dei sacchi neri
Alfonso Buonocore, ex titolare di una pizzeria di Trieste frequentata da Liliana e dal marito, ha raccontato di aver fornito alla donna, alcuni mesi prima della sua scomparsa, due sacchi neri di tipo spesso e robusto, simili a quelli che avvolgevano il corpo al momento del ritrovamento. Buonocore, originario della Costiera Amalfitana e residente a Trieste da oltre quarant’anni, ha deciso di rompere il silenzio dopo aver seguito una trasmissione televisiva dedicata al caso. Ha spiegato di aver incontrato Liliana mentre gettava rifiuti e di averle ceduto i sacchi, senza però poter confermare se si trattasse esattamente dello stesso materiale rinvenuto sul cadavere. Questa testimonianza è ora al vaglio degli inquirenti che stanno confrontando i campioni conservati dall’ex ristoratore con quelli repertati, nell’ambito degli accertamenti disposti dalla giudice Flavia Mangiante.
Accertamenti tecnici e analisi sui reperti
Le nuove indagini si focalizzano anche sugli esami eseguiti dal team di periti nominati dal Tribunale di Trieste: Paolo Fattorini, Chiara Turchi ed Eva Sacchi. Le analisi, avviate all’Istituto di Medicina Legale di Ancona, riguardano una serie di reperti, tra cui la giacca indossata da Liliana al momento del ritrovamento, con l’obiettivo di individuare tracce di DNA, fibre tessili estranee e impronte digitali. Finora, le impronte digitali trovate sui sacchi neri non hanno dato riscontri utili, ma è stata rilevata una traccia biologica maschile sul cordino che teneva uniti i due sacchetti leggeri infilati sulla testa della donna. Tuttavia, il DNA non corrisponde a quello di Visintin né ad altre persone vicine al caso, alimentando ulteriori interrogativi.
Le tensioni familiari sul caso Resinovich
Nel frattempo, Sergio Resinovich, fratello di Liliana, ha espresso pubblicamente i propri dubbi riguardo a un cellulare regalato da Visintin a una youtuber, chiedendo agli inquirenti di approfondire la questione. Questo elemento, insieme al biglietto di addio mai trovato e alle presunte alterazioni dei video acquisiti il 14 dicembre 2021, rappresenta una delle piste più delicate e controverse. Nel corso degli anni, Visintin ha mantenuto una posizione di totale serenità, affermando di essere estraneo ai fatti e dichiarandosi disponibile a collaborare con la giustizia, nonostante la pressione mediatica e personale che si è accumulata intorno alla vicenda.
Le analisi e le testimonianze raccolte indicano un quadro investigativo ancora aperto, con nuove prove che potrebbero fornire elementi decisivi per chiarire le circostanze della tragica morte di Liliana Resinovich.




