Milano, 14 ottobre 2025 – La giudice per le indagini preliminari (GIP) Maria Idria Gurgo di Castelmenardo ha respinto la richiesta della Procura di Milano di effettuare una perizia in incidente probatorio nel caso della morte di Ramy Elgaml, il 19enne deceduto il 24 novembre 2024 dopo un inseguimento di 8 chilometri in scooter con l’amico Fares Bouzidi, il quale guidava il mezzo.
Il rigetto della perizia richiesta dai pm
Il 7 ottobre scorso, i pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano avevano richiesto una perizia “terza” in incidente probatorio per chiarire le responsabilità nell’omicidio stradale contestato a due indagati, ma la gip ha respinto questa richiesta, ritenendo non sufficientemente specificata la domanda della Procura.
La gip ha giudicato la richiesta della Procura “carente nel requisito della specificità”, lamentando la mancanza di una precisa indicazione dei “profili essenziali del fatto” che giustificherebbero la perizia, considerando invece già “corpose” le consulenze esistenti, svolte con rigoroso metodo scientifico da tutte le parti coinvolte. Pertanto, ha ritenuto che eventuali approfondimenti peritali possano essere condotti direttamente in dibattimento, con la garanzia che il processo non subisca una sospensione superiore ai 60 giorni, condizione necessaria per disporre l’incidente probatorio.
La Procura aveva richiesto la perizia con l’obiettivo di chiarire la dinamica dell’incidente, in particolare se vi fosse stato un impatto diretto tra lo scooter e l’auto dei carabinieri coinvolti nell’inseguimento, che ha causato la caduta fatale di Ramy Elgaml. I pm sostenevano che le consulenze tecniche agli atti non permettevano di giungere a una ricostruzione univoca dei fatti. Tuttavia, nel suo provvedimento la Gip ha sottolineato come la Procura non abbia dimostrato sufficientemente la necessità della perizia in questa fase, lasciando aperta la possibilità di svolgerla nel corso del processo.
La decisione del giudice si inserisce in un quadro giudiziario complesso, dove le indagini hanno portato alla chiusura con l’accusa di omicidio stradale a carico di Bouzidi e del carabiniere che guidava l’ultima auto. Va inoltre ricordato che due carabinieri sono indagati per reati quali frode processuale e depistaggio, a seguito di accuse di aver fatto cancellare un video ritenuto fondamentale per l’inchiesta.
Il contesto dell’inseguimento e le implicazioni legali
L’inseguimento, partito dopo il mancato arresto all’alt dei carabinieri in zona Movida a Milano, è durato circa 8 chilometri e si è concluso con lo schianto in via Quaranta. Bouzidi è stato condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi per resistenza a pubblico ufficiale. La sentenza ha definito l’inseguimento come “legale e doveroso”, considerando la condotta pericolosa del conducente dello scooter che ha messo a rischio la vita propria e degli altri. Nonostante le espressioni forti usate dai carabinieri durante l’inseguimento, il giudice ha ritenuto che fossero frutto della tensione del momento.
La morte di Ramy Elgaml ha scatenato una forte mobilitazione sociale e politica, con manifestazioni in molte città italiane per chiedere verità e giustizia. Rimane centrale nel dibattito giudiziario la questione se la caduta sia stata causata da uno speronamento volontario o da una manovra accidentale, elemento che la perizia richiesta avrebbe potuto chiarire se accolta. Ora l’approfondimento potrebbe avvenire nel corso del processo, mentre l’inchiesta prosegue tra verifiche tecniche e indagini sulle condotte degli operatori coinvolti.






