Milano, 3 dicembre 2025 – La nuova chiusura delle indagini sulla morte di Ramy Elgaml, avvenuta durante un inseguimento di otto chilometri a Milano, segna un passaggio decisivo: i pm hanno infatti notificato un atto che riunisce tutte le contestazioni accumulate nei mesi, confermando l’ipotesi di omicidio stradale sia a carico di Fares Bouzidi, che guidava il TMax, sia del carabiniere al volante dell’auto che inseguiva lo scooter negli ultimi metri prima dell’impatto.
Caso Ramy, le responsabilità contestate ai due conducenti
Dalle ricostruzioni degli inquirenti, la condotta di Bouzidi viene ritenuta estremamente pericolosa: avrebbe affrontato la fuga senza patente, raggiungendo velocità molto elevate e finendo persino in contromano. La dinamica descritta nel nuovo avviso indica che all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta il TMax avrebbe tentato inizialmente una svolta a sinistra, cambiando poi bruscamente direzione verso destra. Proprio quel movimento improvviso avrebbe portato allo scontro tra la parte posteriore dello scooter e il paraurti anteriore dell’auto dei militari.
L’impatto e lo sbalzo fatale
A seguito dell’urto, lo scooter sarebbe scivolato e Ramy sarebbe stato proiettato contro un palo del semaforo. La stessa vettura dei carabinieri, secondo gli accertamenti, avrebbe poi travolto il ragazzo dopo essersi diretta nella medesima traiettoria. Per Bouzidi vengono contestate anche le aggravanti della guida senza patente e della circolazione contromano. Il carabiniere alla guida, invece, viene ritenuto corresponsabile dell’incidente per essersi mantenuto a una distanza eccessivamente ridotta dallo scooter, arrivando quasi ad affiancarlo e non riuscendo a evitare il contatto quando il TMax ha virato. Gli viene attribuito anche il reato di lesioni nei confronti di Bouzidi, che ha riportato una prognosi di quaranta giorni.
Le accuse di depistaggio
Il provvedimento notificato oggi conferma inoltre una serie di contestazioni a carico di altri sei militari. Due di loro avrebbero intimato a un testimone oculare di cancellare immediatamente il video girato al momento dei fatti, arrivando a minacciare una denuncia. Quell’uomo è stato poi rintracciato grazie alla segnalazione arrivata da una trasmissione televisiva. Altri due carabinieri sono accusati di aver costretto un diverso testimone a eliminare nove file video, generando così un ulteriore vuoto di materiale utile a ricostruire l’inseguimento.
Il falso nel verbale d’arresto
Una parte rilevante dell’indagine riguarda il verbale di arresto per resistenza redatto al termine della serata nei confronti di Bouzidi. Secondo la Procura, quattro militari avrebbero omesso elementi determinanti, come l’effettiva collisione tra l’auto di servizio e lo scooter, sostituita nella versione ufficiale dalla semplice caduta del mezzo. Nel documento non compaiono nemmeno la presenza del testimone oculare né l’esistenza di una dashcam personale e di una bodycam, dispositivi che – sempre stando agli atti – avrebbero registrato l’intero inseguimento.
Caso Ramy, un unico atto che riunisce tutte le imputazioni
La notifica odierna arriva dopo mesi di sviluppi: le contestazioni e gli indagati sono aumentati rispetto alle prime tre chiusure d’indagine parziali. Per questo i pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano hanno scelto di racchiudere tutto in un unico fascicolo che riassume le imputazioni e anticipa la richiesta di processo. In passato la Procura aveva tentato, senza successo, di ottenere una perizia in incidente probatorio per chiarire la dinamica, a causa del contrasto tra le valutazioni del consulente e quelle degli investigatori. Oggi, oltre alle accuse già formulate, il carabiniere alla guida risponde anche delle lesioni inflitte a Bouzidi e del falso nel verbale, insieme ad altri tre colleghi.






