Milano, 11 settembre 2025 – Nel filone bis del processo sull’omicidio della piccola Diana Pifferi, la madre Alessia Pifferi, condannata in primo grado all’ergastolo per l’abbandono della figlia di 18 mesi, la cui morte per stenti ha sconvolto l’opinione pubblica, si registra una svolta importante relativa alla sua difesa legale. L’avvocato Alessia Pontenani, che assiste la Pifferi, ha optato per il rito abbreviato nell’ambito delle indagini che la vedono indagata insieme ad altre quattro psicologhe e al consulente psichiatra Marco Garbarini per falso e favoreggiamento in relazione a una presunta manipolazione delle perizie psichiatriche.
Scelta del rito abbreviato e prossimi sviluppi processuali

L’avvocato Pontenani, assente in aula per impegni fuori sede, ha scelto il rito abbreviato “per le tempistiche più rapide e in ragione dei fatti contestati”, ha spiegato l’avvocato Gialuigi Comunello, collega di difesa insieme a Corrado Limentani. Il rito abbreviato consentirà di accelerare il procedimento, con una nuova udienza fissata per il 22 settembre, durante la quale la Pontenani renderà dichiarazioni spontanee. L’esito del processo dovrebbe arrivare entro il 9 ottobre, quando è prevista l’ultima udienza con le discussioni delle difese. La scelta del rito abbreviato è stata adottata anche dagli altri indagati nel filone bis, ad eccezione di una psicologa che ha optato per il rito ordinario.
Il filone bis riguarda in particolare le accuse di aver tentato di falsificare o manipolare i test psichiatrici per indirizzare la perizia di primo grado a favore della Pifferi, con l’obiettivo di farle riconoscere un “vizio parziale di mente”, circostanza non accolta dal tribunale.
Il contesto del caso Pifferi e la questione del deficit cognitivo
Il caso di Alessia Pifferi, nata a Milano nel 1985 e madre di Diana, ha avuto eco nazionale per le circostanze drammatiche della morte della bambina lasciata sola per sei giorni nella casa di Ponte Lambro, senza cibo né acqua, nel luglio 2022. La piccola Diana morì di stenti e disidratazione, come confermato dall’autopsia.
Parallelamente al processo, è in corso una nuova perizia psichiatrica in appello per accertare un grave deficit cognitivo della Pifferi, elemento che potrebbe influire sulla sua capacità di intendere e di volere al momento del reato. Secondo recenti analisi e documentazioni raccolte dal difensore Pontenani, la donna soffrirebbe di una disabilità intellettiva nota sin dall’infanzia, che potrebbe aver inciso sul suo comportamento.
Il deficit cognitivo riguarda le funzioni mentali necessarie per la vita quotidiana, come memoria, ragionamento, problem solving e percezione della realtà. La valutazione forense di tale condizione richiede un’indagine approfondita, che comprende colloqui, test psicologici e l’esame del funzionamento adattivo nella vita reale. Nel primo grado, il perito nominato dal tribunale non ha escluso la presenza di questo deficit, ma ha ritenuto che non ne fosse compromessa la capacità di intendere e di volere riguardo all’abbandono della figlia.
L’avvocato Pontenani ha inoltre denunciato irregolarità nella metodologia di somministrazione dei test in carcere e un possibile “inquinamento” della prova causato da interventi psicologici non appropriati da parte delle psicologhe coinvolte nel processo. Questi elementi saranno al centro della nuova perizia e potrebbero avere un ruolo determinante nel prosieguo del procedimento.
Il caso continua quindi a svilupparsi su due fronti: quello giudiziario con il filone bis in Assise, e quello medico-legale con l’approfondimento sulla condizione psichica di Alessia Pifferi, che potrebbe influire sulla valutazione della sua responsabilità penale.






