Washington, 15 luglio 2025 – Il movimento Make America Great Again (MAGA), colonna portante della base di Donald Trump, sta mostrando le prime, profonde crepe interne. Il motivo? La gestione del “caso Epstein” da parte dell’amministrazione repubblicana. Questa sta generando un’ondata di scontento tra i sostenitori più fedeli e rischia di avere ripercussioni dirette sul presidente degli Stati Uniti.
Caso Epstein, perché il movimento MAGA di Trump è indignato
La tensione è esplosa la scorsa settimana. Il Dipartimento di Giustizia e l’FBI hanno rilasciato una dichiarazione congiunta: non ci sono prove che Jeffrey Epstein – il finanziere condannato per abusi sessuali e traffico di minori, deceduto in carcere sei anni fa – sia stato assassinato. Tantomeno che esistano le tanto attese “liste di clienti” di cui si è tanto favoleggiato. Il Dipartimento, guidato dalla procuratrice Pam Bondi, ha poi precisato che non sono previste ulteriori pubblicazioni di documenti sulla vicenda.
Questa mossa ha provocato un’ondata di indignazione nel cuore del movimento MAGA. Per anni, i sostenitori di Trump hanno alimentato teorie cospirazioniste. Queste sostenevano che l’élite democratica e altri poteri forti stessero occultando prove per proteggere personalità di spicco legate a Epstein. Teorie che, va detto, sono state condivise in passato anche dallo stesso Donald Trump. Ora, però, il presidente sembra prendere le distanze da queste posizioni, generando un inedito test di lealtà all’interno del suo movimento, dove, per la prima volta, la base non segue ciecamente il suo leader.
Il ruolo di Pam Bondi
Nel mirino della rivolta interna c’è soprattutto Pam Bondi, considerata una fedelissima di Trump. Figure di spicco dell’estrema destra, come l’attivista Laura Loomer – nota per la sua influenza sull’amministrazione Trump e le sue critiche passate a Bondi sulla gestione del caso Epstein – hanno chiesto a gran voce il licenziamento del Procuratore Generale. A farle eco è stato Alex Jones, conduttore radiofonico e teorico del complotto (divenuto tristemente celebre per aver definito una “messinscena” la strage di Sandy Hook, cosa che gli è costata risarcimenti miliardari alle famiglie). Jones ha espresso il suo “disgusto” su X, sarcasticamente twittando: “La prossima cosa che il Dipartimento di Giustizia dirà è: ‘Jeffrey Epstein non è nemmeno esistito'”.
Finora, il presidente Trump ha difeso Bondi a spada tratta. Prima ha rilasciato una ferma dichiarazione sui social, riaffermando il suo appoggio alla procuratrice, e poi l’ha invitata alla finale della Coppa del Mondo per club al MetLife Stadium, un chiaro segnale di sostegno pubblico.
Da Carlson a Bannon: i sostenitori di Trump che storcono il naso
Tuttavia, la vera anima di questa opposizione interna al MAGA è un’altra figura di spicco e storico sostenitore di Trump: il giornalista e personaggio televisivo Tucker Carlson. “Mi piace Trump. Ho fatto campagna per Trump,” ha dichiarato in un’intervista, “ma ho le mie opinioni”. Già a giugno, Carlson aveva definito Trump “complice di un atto di guerra” per gli attacchi israeliani contro l’Iran e, un mese prima, aveva sollevato dubbi sui rapporti d’affari del presidente in Medio Oriente, alludendo a possibili episodi di corruzione. Ora, il suo rimprovero si concentra sul rifiuto dell’amministrazione di rilasciare ulteriori informazioni su Epstein, con il quale Trump aveva avuto un’amicizia pluriennale, poi conclusa con una lite.
Queste lotte intestine hanno chiaramente colto il presidente di sorpresa. Trump ha cercato di placare i suoi sostenitori, scrivendo su Truth Social: “Cosa sta succedendo ai miei ragazzi e, in alcuni casi, alle ragazze? Stanno tutti perseguitando il procuratore generale Pam Bondi, che sta facendo un LAVORO FANTASTICO! Siamo in una squadra, MAGA, e non mi piace quello che sta succedendo”. Ha anche tentato di reindirizzare la colpa sui democratici: “Perché questi pazzi della sinistra radicale non hanno rilasciato i file di Epstein? Se c’era qualcosa che avrebbe potuto danneggiare il movimento MAGA, perché non l’hanno usato? Ed Epstein è qualcuno di cui nessuno si preoccupa”.
Ma queste parole non sono bastate a placare molti dei suoi sostenitori più accesi. Anche l’ex stratega di Trump, Steve Bannon, ha rincarato la dose, definendo Epstein “la chiave che scardina la serratura su un sacco di cose”, non solo individui, ma intere istituzioni.
In definitiva, il caso Epstein, spesso brandito dallo stesso Trump per propagare teorie del complotto contro i suoi avversari, si sta ora rivelando un boomerang politico, mettendo in seria difficoltà il tycoon proprio con la sua base più fedele e scuotendo le fondamenta del movimento MAGA.






