Milano, 29 ottobre 2025 – Dopo un decennio di intensa attività sui social media, il virologo e immunologo Roberto Burioni ha annunciato la sua decisione di abbandonare le piattaforme social tradizionali per trasferire la sua attività divulgativa su Substack, un servizio di newsletter che consente un approccio più diretto e mirato con il pubblico, spesso a pagamento.
L’abbandono dei social: motivazioni e nuove strategie
In un post pubblicato su Facebook, Burioni ha spiegato di non voler più alimentare le grandi piattaforme che, a suo dire, seguono “un’agenda oscura” e sfruttano i suoi contenuti per addestrare intelligenze artificiali senza alcun compenso per lui. “Sono stanco di essere usato come sputacchiera”, ha dichiarato, riferendosi agli insulti e alle offese ricevute, soprattutto da parte di gruppi no vax, contro cui si è spesso battuto come punto di riferimento scientifico in Italia.

La scelta di spostarsi su Substack, dove l’accesso sarà limitato da un abbonamento mensile inferiore ai 2 euro, è anche una strategia per scoraggiare gli hater e garantire una comunità più rispettosa e motivata. Burioni ha affermato: “Chi vuole insultare dovrà comunque lasciare un numero di carta di credito, una barriera che spero riduca i comportamenti maleducati.”
Reazioni dalla comunità scientifica e piani futuri
Il virologo Matteo Bassetti ha espresso apprezzamento per questa scelta, sottolineando come il modello potrebbe essere seguito da altri professionisti: “Se funziona, molti seguiranno il tuo esempio. Me compreso.”
Nonostante l’addio ai social, Burioni continuerà la sua attività di divulgazione scientifica attraverso altre vie consolidate: la partecipazione al programma televisivo Che Tempo Che Fa, dove è ospite fisso da anni, la pubblicazione di editoriali su La Repubblica e la scrittura di nuovi libri scientifici, con un volume attualmente in lavorazione.
Roberto Burioni, attivo da decenni nel campo della virologia e dell’immunologia, noto per la sua battaglia contro la disinformazione sui vaccini, resta una figura centrale nel panorama medico italiano. La sua decisione riflette una crescente esigenza di tutelare la qualità del dibattito scientifico e la propria serenità professionale in un contesto digitale spesso ostile.
