Una nuova evasione è avvenuta presso il carcere di Bollate, dove una donna di 55 anni, impiegata esternamente, non è rientrata al termine del suo turno. Il Sappe ha avviato le ricerche, evidenziando la necessità di ripensare le politiche di sicurezza e il concetto di pena alternativa al carcere
Un nuovo episodio di evasione ha scosso il carcere di Bollate, situato nella provincia di Milano. Questo evento mette in luce le problematiche legate alla gestione delle pene alternative. Una donna di 55 anni, attualmente in carcere per reati gravi tra cui rapina a mano armata, furto aggravato e violazione della legge sulle armi, non è rientrata nell’istituto al termine del suo turno di lavoro. A segnalare l’accaduto è stato il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), che ha avviato le operazioni di ricerca della detenuta non appena è stata notificata la sua assenza.
Questo episodio accade a sole due settimane di distanza dall’altra evasione, conclusasi in tragedia con un omicidio-suicidio. Nell’occasione, un detenuto era riuscito a fuggire per poi uccidere la fidanzata e infine gettarsi dal Duomo di Milano.
Sicurezza e gestione delle pene alternative
Il vicesegretario regionale del Sappe, Matteo Savino, ha dichiarato che tutto il personale, sia in servizio che fuori, è stato allertato per cercare di rintracciare la donna. Questo tipo di evasione solleva interrogativi sulla sicurezza all’interno delle strutture penitenziarie e sulla gestione delle misure alternative alla detenzione. Il segretario generale del Sappe, Donato Capece, ha sottolineato l’importanza di una riflessione approfondita su questo tema, evidenziando che l’attuale sistema di pene alternative deve essere riconsiderato.
Riforma delle politiche di sicurezza nei penitenziari
Capece ha dichiarato che l’evasione è il risultato di un progressivo smantellamento delle politiche di sicurezza nei penitenziari, che ha compromesso l’efficacia delle misure di controllo. Le misure di lavoro esterno, pur essendo progettate per favorire la reintegrazione sociale dei detenuti, devono essere attuate con maggiore attenzione e rigore. La loro applicazione automatica, senza una valutazione adeguata del profilo di rischio dei detenuti, può portare a situazioni pericolose sia per la società che per il personale penitenziario.
Un campanello d’allarme per il sistema penitenziario
L’episodio di Bollate, quindi, non è solo un caso isolato, ma rappresenta un campanello d’allarme riguardo alla necessità di riformare il sistema penitenziario italiano. È fondamentale garantire la sicurezza e il rispetto delle normative vigenti. In questo contesto, il dibattito sulla riforma delle pene e sulla gestione dei detenuti diventa sempre più urgente e rilevante. La situazione attuale richiede un’analisi critica e un intervento tempestivo per evitare che simili episodi possano ripetersi in futuro.