Newcastle, 16 agosto 2025 – Enrica Kupe, ostetrica conosciuta come “Bibi” e fondatrice del canale social “Mamma Informata”, è stata arrestata in Australia con l’accusa di omicidio colposo per la morte di un neonato durante un parto domiciliare. L’evento tragico si è verificato il 2 ottobre 2024 a Wallsend, sobborgo di Newcastle, e ha riacceso il dibattito sulle pratiche ostetriche alternative e la sicurezza del parto in casa.
Il parto domiciliare sotto accusa: ritardo nel trasferimento ospedaliero
La gestante, assistita da Kupe – il cui vero nome sarebbe Oyebola Coxon – ha affrontato un travaglio durato due giorni con chiari segnali di complicazioni. L’ostetrica avrebbe ignorato le ripetute richieste della donna di recarsi in ospedale, rifiutando il trasferimento nonostante le condizioni critiche. Solo dopo un estenuante periodo, la partoriente è stata trasportata al John Hunter Hospital, dove è stata sottoposta a un cesareo d’urgenza. La madre è sopravvissuta, ma purtroppo il neonato è deceduto poco dopo l’intervento.
L’arresto di Kupe è avvenuto il 14 agosto 2025, quasi un anno dopo i fatti, mentre il processo è fissato per il 15 ottobre 2025 davanti alla corte di Newcastle.
Denunce e polemiche sulle pratiche ostetriche di “Bibi”
La scrittrice Francesca Bubba, nota per le sue inchieste su The Post Internazionale, aveva già segnalato da tempo le pratiche pericolose e antiscientifiche di Kupe, definendole “potenzialmente dannose”. Bubba ha evidenziato come “Mamma Informata”, seguito da oltre 40.000 follower italiani, diffondesse teorie contrarie alla medicina basata sull’evidenza, tra cui l’inutilità delle ecografie, la negazione del diabete gestazionale e il rifiuto di procedure mediche come epidurale e cesareo, anche quando raccomandate da specialisti.
Attraverso video e corsi a pagamento, Kupe promuoveva un parto “senza dolore” in casa, spingendo le donne a opporsi alle pratiche ospedaliere. Tali posizioni avevano suscitato anche la sua reazione beffarda contro le critiche ricevute sui social.
Un caso che riapre il dibattito sul parto e la sicurezza
L’arresto di “Bibi” solleva interrogativi sull’autonomia decisionale delle donne in gravidanza e, soprattutto, sui rischi associati al fai-da-te sanitario diffuso attraverso i social network. Il caso mette in luce come la diffusione di informazioni non validate scientificamente, presentate come “naturali” o “alternative”, possa avere conseguenze tragiche sulla salute materna e neonatale.






