Matías Almeyda, allenatore del Siviglia, alla vigilia della partita contro l’Elche, avversario della quarta giornata di Liga – che si è giocata il 12 settembre –, ha espresso un concetto profondo che ha toccato molti addetti ai lavori e non solo. Nonostante l’attenzione fosse rivolta alla sfida imminente, infatti, la conferenza stampa ha presto assunto un tono più personale, quando ad Almeyda è stato chiesto del peso emotivo e psicologico che accompagna la fine della carriera per molti calciatori.
Almeyda: ecco cosa succede quando si smette di giocare
L’allenatore argentino ha raccontato con sincerità la propria esperienza, ricordando il momento in cui decise di smettere: “Ho sofferto molto. Sono stato aiutato dalla mia famiglia e da professionisti. Giocavo all’Inter e dissi a Moratti che non volevo più giocare. Avevo ancora due anni di contratto. Questa è stata la mia vita, non vendo illusioni. È un momento che tutti i calciatori prima o poi vivranno, ed è per questo che sono diventato allenatore”.
Ha poi descritto la solitudine che spesso segue il ritiro: “Quando smetti di giocare, per il 95% dei calciatori il giorno dopo il telefono non squilla più. Gli amici che avevi spariscono, gli amici dei tempi d’oro non ci sono più… L’ho vissuto sulla mia pelle. Ero amico di Maradona: se è successo a lui, succederà a tutti”.
La sfera mentale come pilastro della sua filosofia
Il tecnico argentino ha spiegato come, da allenatore, cerchi di prestare grande attenzione al benessere psicologico dei suoi giocatori: “Da quando alleno, sono diventato quasi uno psicologo. Capisco chi sta male, chi è frustrato, chi non riesce a connettersi, e affronto ogni situazione per eliminare il malessere”.
Per Almeyda, la pressione non si misura con i risultati o la classifica: “La pressione è un’altra cosa: è avere tutto e allo stesso tempo non avere niente. È quando ti vedono a terra come un cane e non lo capiscono”.
Alla vigilia della partita contro l’Elche, Almeyda dimostra così di unire tattica e sensibilità umana, ponendo al centro del suo lavoro non solo il calcio, ma anche la persona dietro al giocatore.
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