Milano, 16 dicembre 2025 – La gestione delle curve ultrà di Milano è stata al centro di una complessa indagine che ha svelato un intreccio di violenze, affari illeciti e legami mafiosi. La recente sentenza della giudice per l’udienza preliminare Rossana Mongiardo ha chiarito i ruoli e le dinamiche interne agli ambienti delle tifoserie organizzate di Milan e Inter, evidenziando come la Curva Sud milanista abbia generato ricavi illeciti per oltre 100mila euro all’anno, mentre la Curva Nord interista fosse coinvolta in attività criminali con un forte legame con la ‘ndrangheta.

Il dominio della Curva Sud milanista e l’ascesa di Luca Lucci
La Curva Sud del Milan, guidata da Luca Lucci, noto anche come “il Toro” e nel mondo criminale con il soprannome “Belva Italia”, si è trasformata negli anni in un vero e proprio brand. Lucci, 42 anni, originario della Bergamasca, è stato arrestato il 30 settembre 2024 nell’ambito di un’operazione che ha sgominato le organizzazioni criminali legate ai gruppi ultrà di entrambe le squadre di Milano.
Le indagini hanno evidenziato un controllo capillare sul tifo rossonero, con una struttura organizzata e un esercito di fedelissimi denominati “Banditi”, riconoscibili per la divisa nera e il volto spesso coperto da sciarpe. Lucci ha saputo espandere i suoi interessi oltre lo stadio, investendo in attività apparentemente lecite come la società Kobayashi srl, che gestisce eventi e locali, e la catena di barberie e tatuaggi “Italian Ink”. Tuttavia, le forze dell’ordine hanno collegato la sua figura a traffici di droga internazionali, in particolare con narcotrafficanti brasiliani e marocchini, e a episodi di violenza, come il pestaggio di Virgilio Motta, un tifoso interista rimasto gravemente ferito.
Nonostante sia stato condannato a 7 anni di carcere per traffico di droga, Lucci continua a mantenere un forte controllo sulla curva, supportato da un sistema di intimidazioni e da un’organizzazione che gli ha permesso di esercitare una leadership solida e incontrastata.
La Curva Nord interista e i legami con la ‘ndrangheta dei Bellocco
Dall’altra parte, la Curva Nord dell’Inter era coinvolta in attività criminali a tinte mafiose, con la supervisione del clan ‘ndranghetista dei Bellocco, originario di Rosarno. Andrea Beretta, storico capo ultrà interista, è stato al centro di numerosi episodi violenti e reati gravi. Nel settembre 2024, Beretta ha ucciso Antonio Bellocco, 36enne rampollo della cosca e anch’egli coinvolto nel tifo organizzato della Nord.
L’omicidio è avvenuto nel parcheggio di una palestra a Cernusco sul Naviglio, dove Beretta, ferito da un colpo di pistola sparato da Bellocco, ha reagito con una coltellata letale alla gola dell’uomo. Beretta, ora collaboratore di giustizia, ha confessato l’omicidio e ha rivelato la complessità degli affari illeciti e delle dinamiche di potere all’interno della curva nerazzurra. La sua collaborazione ha permesso di chiarire aspetti precedentemente ignoti agli inquirenti, tra cui l’omicidio del leader ultrà Vittorio Boiocchi nel 2022, per cui è in corso un processo.
La giudice Mongiardo ha riconosciuto ad Andrea Beretta le attenuanti per la collaborazione e il contributo dato alle indagini, condannandolo a 10 anni di reclusione per l’omicidio di Bellocco e per i reati legati all’associazione per delinquere aggravata, finalizzata a pestaggi ed estorsioni.
L’inchiesta sulle curve di Milan e Inter: un sistema criminale diffuso e radicato
Le indagini hanno evidenziato come la gestione delle due curve non fosse solo una questione di tifo, ma un vero e proprio business criminale, con estorsioni, traffici di droga, violenze e un sistema associativo di stampo mafioso. La Curva Sud milanista, pur non essendo affiliata direttamente a organizzazioni mafiose, ha sviluppato una rete di interessi economici e criminali che si intrecciano con il mondo della malavita organizzata e del narcotraffico. La Curva Nord interista, invece, fungeva da copertura per affari illeciti con il sostegno diretto della ‘ndrangheta dei Bellocco.
La sentenza ha inflitto pene complessive per quasi 90 anni di carcere a 16 imputati, sottolineando la gravità di un sistema che ha sfruttato la passione calcistica per alimentare interessi criminali.






