Lele Adani, ex difensore noto per la sua incisiva presenza televisiva nel panorama calcistico italiano, torna a far parlare di sé con un’intervista esclusiva al Corriere della Sera che affronta temi caldi come la Nazionale, i giovani talenti, il mercato, e il suo rapporto con l’ex amico Bobo Vieri. Con la consueta franchezza e senza filtri, Adani si racconta e offre un quadro aggiornato e critico del calcio italiano, sottolineando luci e ombre di un sistema in trasformazione ma ancora legato a schemi tradizionali.
La frase “pranzo al sacco” e il suo impatto nel calcio italiano
L’espressione ormai celebre “pranzo al sacco”, coniata da Adani per descrivere il gol di Tonali contro Israele, è nata da un’esigenza di sintesi efficace e spontanea. L’ex difensore spiega che si tratta di un modo di dire della sua terra, utilizzato per indicare un errore clamoroso, proprio come quello difensivo nella partita in questione. Contrariamente alle aspettative, questa frase ha ottenuto più consensi che critiche, dimostrando come il pubblico reale, dai più giovani agli anziani, riconosca la sincerità e la competenza di Adani, al netto dei commenti negativi provenienti dal web.

Stato attuale della Nazionale e il problema dei giovani talenti
Adani sottolinea che la Nazionale italiana mostra uno spirito combattivo e la giusta mentalità per affrontare il Mondiale, ma non nasconde le profonde fragilità strutturali. In particolare, mette in luce come l’Italia rischi di rimanere indietro rispetto a paesi come Norvegia, Croazia e Portogallo, che hanno saputo innovare i propri sistemi di formazione nonostante bacini demografici più piccoli.
Un altro nodo cruciale riguarda il mancato inserimento dei giovani nel calcio professionistico. L’ex difensore cita l’esempio emblematico di Camarda, giovane talento che il Milan preferisce mandare in prestito al Lecce, mentre all’estero i ragazzi vengono subito lanciati da titolari. Questo fenomeno, secondo Adani, è radicato in una cultura conservatrice che fatica a dare fiducia e spazio ai nuovi valori emergenti.
Il ruolo degli allenatori e l’ostacolo all’innovazione
Il sistema formativo per allenatori italiani viene definito da Adani come troppo rigido e selettivo, incapace di accogliere personalità innovative come Tuchel, Nagelsmann o Farioli. Queste barriere culturali impediscono l’introduzione di idee fresche e aggiornate, rendendo il calcio italiano spesso in ritardo rispetto alle evoluzioni internazionali.
Adani aggiunge che il predominio di pochi agenti e intermediari nel mercato italiano contribuisce a un modello incentrato più sul profitto che sulla qualità tecnica, con un conseguente impoverimento del valore sportivo. Solo club come l’Atalanta rappresentano un esempio virtuoso, dove l’integrazione degli stranieri è funzionale alla crescita tecnica e non solo a fini commerciali.
La scelta di Lele Adani di restare comunicatore e il rapporto con Vieri
Nonostante gli inviti a intraprendere la carriera di allenatore, Adani conferma con fermezza di non avere alcuna intenzione di allenare: la sua vocazione è la comunicazione, dove può esprimere la passione e il coraggio di raccontare il calcio senza compromessi. Ricorda l’offerta di De Zerbi di collaborare come tecnico, ma spiega di aver preferito mantenere la sua strada.
Su una possibile collaborazione televisiva con Christian Vieri, Adani è categorico: “Assolutamente no”. Preferisce invece sottolineare il valore di allenatori emergenti come Cesc Fabregas, capace di portare una comunicazione autentica e coraggiosa, e mostra ammirazione per Antonio Conte, riconoscendone l’impegno e l’evoluzione negli ultimi anni.
Tra Maradona e Messi, la preferenza per l’elasticità fisica
Nel confronto eterno tra Diego Maradona e Lionel Messi, Adani predilige il primo, valorizzandone l’elasticità corporea e la capacità di fondersi con il pallone in modo unico, qualità che Messi attuale non possiede più.
Infine, riguardo ai giovani talenti come Dembélé e Lamine Yamal, Adani premia chi dimostra performance concrete durante la stagione, sottolineando che il premio per il miglior giovane deve basarsi su risultati tangibili e non solo su potenzialità future.




