Milano, 29 settembre 2025 – Fabio Capello, ospite del podcast di Alessandro Cattelan “Supernova“, ha offerto uno sguardo penetrante e senza filtri sulla sua lunga carriera, dalla gestione dei talenti più complessi alle sue perplessità riguardo il calcio contemporaneo. Conosciuto per la sua incrollabile disciplina, l’ex allenatore non ha esitato a condividere aneddoti che illustrano il suo approccio rigoroso, sottolineando come la coesione del gruppo e il rispetto siano fondamentali.
Fabio Capello: “La disciplina non ammette repliche”
Capello ha descritto il suo metodo negli spogliatoi: quando parlava, esigeva“tutti seduti, silenzio, ascoltare che finisco di parlare”. Memorabile è l’episodio in cui, durante l’intervallo di una partita, un giocatore famoso – identificato da Capello come Seedorf – si alzò per obiettare alla tattica. La risposta di Capello fu immediata e tagliente: si tolse la giacca e gliela porse, dicendo: “Avete un altro allenatore”. Capello crede fermamente che l’intervento dell’allenatore dipenda dalla situazione, sia essa un problema tattico o di mentalità. Ad esempio, durante una partita del Real Madrid contro il Mallorca che dovevano vincere per il campionato, vedendo i giocatori “scioccati” e “come bambolati,” scelse di togliere la pressione, dicendo semplicemente: “Andate in campo e giocate come in allenamento.” Vinsero 3-1.
Un elemento cruciale della gestione è la presenza di leader nello spogliatoio. Capello ha avuto la fortuna di avere giocatori di grande spessore, come Raúl al Real Madrid, definito un “capitano vero” che dava la scossa alla squadra. Tuttavia, ha dovuto anche affrontare i “leader negativi”, come il “fenomeno” Ronaldo. Sebbene lo ritenga il giocatore più bravo che abbia mai allenato, Capello dovette mandarlo via per vincere il campionato, poiché pesava 94 kg e il suo stile di vita (descritto come “fiesta fiesta fiesta”) aveva un impatto negativo su tutti i compagni.

Talento, social media e giovanili
Capello ha gestito grandi talenti, da Cassano – un giocatore di “qualità unica” e “genialità incredibile,” sebbene poco serio – a Ibra. Con Ibrahimović, Capello ha lavorato intensamente sui difetti tecnici, spiegando che insegnare a un talento produce risultati rapidi, a differenza dei mediocri. Capello ha anche ricordato la serietà di Beckham, nonostante fosse stato messo fuori rosa su richiesta del club dopo aver firmato con Los Angeles; Capello lo reintegrò, riconoscendo la sua assoluta professionalità.
L’ex tecnico ha espresso forte critica verso il calcio giovanile italiano, sottolineando che un allenatore che insegna la tattica a bambini di 12 anni andrebbe “licenziato subito”. I giovani dovrebbero essere lasciati “giocare, divertirsi”.
Capello ha anche identificato la gestione dei social media come un “grosso grosso problema”. I commenti sulle tastiere e, peggio ancora, gli interventi dei familiari o delle fidanzate dei giocatori, sono “impossibili da gestire” e possono distruggere la serenità del gruppo.
L’erede di Capello
Ma potrà mai esistere un suo erede? Ecco cosa ha risposto in prima persona l’ex allenatore: “Dall’esigenza che vedo e da quello che è successo nelle squadre in cui è andato, trovo Gasperini molto simile a me. Lui riesce a ottenere dai giocatori quello che lui pensa sia importante per la squadra. All’Atalanta era in un ambiente protetto, ma conoscendo le difficoltà della Roma, ho visto che è entrato subito a piè pari e si vedono già i risultati”.
Il “no” alla Nazionale
Fabio Capello è stato un uomo di grandi successi, ma di rifiuti clamorosi come quello di diventare allenatore della Nazionale Italiana di Calcio: “Non lo sentivo giusto in quel momento e ho detto di no. Stavo allenando già dei club. Non mi è mai dispiaciuto. La Nazionale la sento come non mai, a casa mi alzo in piedi e canto l’Inno quando c’è la partita. Una delle cose più belle della mia carriera è quando ho segnato contro gli Inglesi a Wembley, abbiamo vinto e ho dedicato il gol ai 20mila camerieri. Quando siamo stati eliminati in Germania è stata la cosa più brutta. Ci urlavano di tutto contro. Quando vedo i calciatori della Nazionale giocare senza sangue, senza voglia, mi fa male”.
Il rapporto con De Rossi
Durate l’esperienza romana, Capello ha allenato Daniele De Rossi, che ad oggi nella squadra conta il secondo maggior numero di presenze ufficiali di sempre dopo Francesco Totti. Questo il ricordo del mister di quegli anni e del rapporto con De Rossi: “Nella storia di De Rossi, io ho sbagliato il primo approccio. Si allenava nella Primavera con Aquilani e io pensavo che Aquilani avesse più qualità. Giochiamo una partita di Coppa Italia, faccio esordire Aquilani all’Olimpico. Era timido. Così nell’intervallo gli dico: ‘Dai, sei bravo, se sbagli fa niente’. Ritorniamo in campo e dopo 10 minuti era uguale. Daniele entra e va deciso, come in allenamento. Aquilani lo mandai a fare esperienza alla Triestina e poi ha fatto una grande carriera. De Rossi invece è entrato subito nella rosa della Roma. Lo punzecchiavo per farlo crescere”.
“Il mio Milan, una macchina da guerra. Roma la piazza più difficile”
Capello ha ammesso che la Roma è stata la piazza più difficile in cui lavorare, poiché ha dovuto “ripartire da zero, da 10 a 100”, cambiando la mentalità e persino facendo disegnare i parcheggi. Al contrario, al Milan c’era una “macchina da guerra” e alla Juventus “devi solo allenare, non giocare bene ma vincere”.
Capello ha rivelato la sua passione per i viaggi (spesso per seguire la storia o fare subacquea con la moglie) e ha raccontato i lunghi tour post-campionato, come quello del 1994 tra Messico, Miami, Singapore, Bali, Cina e Tokyo. La sua forte etica familiare lo portò addirittura a dare le dimissioni da un incarico in Cina a causa della differenza di fuso orario di sei ore con la moglie.
Riguardo alla Champions League di quest’anno, Capello è intrigato dal PSG (nonostante le “cavolate” tattiche), dal Real Madrid post-Ancelotti e dal Manchester City, che considera ancora un “cantiere“. Si augura, infine, che una squadra italiana possa arrivare lontano.






