Roma, 4 agosto 2025 – Dopo oltre un decennio di ricerche, è stato identificato il responsabile dell’epidemia che ha decimato quasi 6 miliardi di stelle marine, un fenomeno senza precedenti nella storia marina conosciuta. Un ceppo batterico della specie Vibrio pectenicida è stato riconosciuto come l’agente causale di questa devastante malattia, definita “malattia debilitante delle stelle marine”. Lo studio, pubblicato su Nature Ecology & Evolution e condotto da un team internazionale guidato dal Hakai Institute e dall’Università della British Columbia in Canada, rappresenta un passo cruciale per la tutela degli ecosistemi marini colpiti.
La malattia debilitante delle stelle marine: sintomi e impatti ecologici
La malattia si manifesta inizialmente con lesioni esterne sulle stelle marine, per poi provocare, nell’arco di circa due settimane, la morte degli animali “sciogliendo” i loro tessuti e causando la perdita delle braccia. Tra le specie più colpite figura la stella marina girasole, capace di sviluppare fino a 24 braccia e di raggiungere dimensioni simili a quelle di una ruota di bicicletta: oltre il 90% delle popolazioni di questa specie è stato spazzato via dall’epidemia.
Melanie Prentice, prima autrice dello studio, evidenzia come “la perdita di miliardi di stelle marine modifichi profondamente le dinamiche ecologiche marine”. In assenza di stelle marine girasole, infatti, le popolazioni di ricci di mare crescono incontrollate, determinando la distruzione delle foreste di alghe, habitat essenziali per numerose specie marine e fondamentali per gli equilibri dell’ecosistema, con conseguenze anche per le attività umane che dipendono da queste risorse.
Le difficoltà nell’identificazione del batterio patogeno
Individuare la causa della malattia si è rivelato complesso a causa della somiglianza dei sintomi con altre patologie e risposte a fattori di stress delle stelle marine. I ricercatori hanno esaminato numerosi potenziali agenti patogeni, inclusi vari virus, fino a isolare il Vibrio pectenicida nel fluido corporeo degli esemplari malati. Questo risultato è frutto di un lavoro durato quattro anni, che apre la strada a future strategie di conservazione e intervento per salvare queste specie e gli habitat marini associati.
Le nuove conoscenze sul ruolo di questo ceppo batterico sono fondamentali per comprendere e contrastare una delle più gravi crisi biologiche marine osservate, con rilevanti implicazioni per la biodiversità e la salute degli ecosistemi costieri.






