Roma, 29 settembre 2025 – L’Italia centrale affronta con nuovi strumenti la gestione del rischio idrogeologico, in un contesto segnato da fragilità territoriali e crescenti fenomeni climatici estremi. Proprio in queste settimane, l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale (AUBAC) ha dato un importante impulso con l’adozione di due innovativi Piani per l’Assetto Idrogeologico (PAI), strumenti fondamentali per la prevenzione e mitigazione di rischio frane e alluvioni che interessano oltre 42 mila chilometri quadrati di territorio.
Nuove strategie per il rischio idrogeologico nell’Appennino centrale
Marco Casini, segretario generale dell’AUBAC dal settembre 2022, sottolinea a Repubblica come l’aggiornamento dei PAI rappresenti una svolta epocale: “L’Italia conta circa 650 mila frane, due terzi di quelle europee, e 50 bacini idrici con 370 corsi d’acqua secondari che coinvolgono 650 mila cittadini a rischio inondazione. Non esistono aree a rischio zero, soprattutto a causa dei cambiamenti climatici che amplificano la frequenza e l’intensità degli eventi estremi”.
I nuovi PAI, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e frutto di avanzate tecnologie digitali, intelligenza artificiale e modelli idraulici open source, uniformano criteri e procedure di classificazione delle aree a rischio su scala distrettuale, superando le vecchie normative locali spesso obsolete. L’approvazione definitiva è prevista entro febbraio 2026, con l’obiettivo di garantire una governance integrata e condivisa, che trascenda le singole realtà comunali.
Casini evidenzia come queste carte aggiornate permettano di pianificare con precisione dove costruire e dove invece è necessario adottare misure di salvaguardia: “Il rischio non è statico, è mutato con la crisi climatica e l’antropizzazione sempre più invasiva. I nuovi piani forniscono indicazioni chiare e prescrizioni per l’uso del suolo, favorendo interventi strutturali e non strutturali di difesa del territorio”.

Interventi e tecnologie per la mitigazione del rischio di frane e alluvioni
La messa in sicurezza del territorio passa anche attraverso opere come arginature, casse di colmata e riprofilature degli alvei, come avviene in Umbria nella Valle del Nera, dove sono in corso interventi finanziati con fondi FSC per contenere le esondazioni. Casini sottolinea l’importanza di un coordinamento interregionale e di un quadro normativo unificato per evitare interventi isolati e poco efficaci.
Particolare attenzione è rivolta al reticolo idrografico secondario, costituito da piccoli affluenti spesso trascurati ma responsabili di molte situazioni di rischio, aggravate dalla scarsa manutenzione e dalla presenza di insediamenti abitativi.
L’aggiornamento continuo dei PAI, previsto dalla normativa vigente, consente di integrare dati e studi nuovi, come richiesto anche dal decreto legislativo 152/2006, per mantenere costantemente attiva la prevenzione e adattare le strategie alle mutate condizioni climatiche e territoriali.
Marco Casini, docente universitario e autore di numerose pubblicazioni scientifiche nel campo dell’ingegneria ambientale, rimarca come la diffusione delle informazioni a cittadini e imprese sia fondamentale per accelerare l’accesso ai finanziamenti e promuovere una cultura della sicurezza. “Conoscere il livello di rischio di un’area è un diritto e un dovere per chi investe o vive in quei territori”.
L’AUBAC, grazie a queste iniziative, si pone come un modello di riferimento per la pianificazione territoriale sostenibile e la gestione integrata del rischio idrogeologico nell’Italia centrale.






